La bella di notte e la fitodepurazione

mirabilis-jalapa-bella-di-notteGran parte delle quotidiane attività industriali ed anche agricole producono una quantità notevole di agenti inquinanti che inevitabilmente confluiscono nel suolo, rendendolo contaminato e potenzialmente pericoloso per la salute.

La bonifica dei suoli da queste sostanze di varia natura è dunque fondamentale per migliorare la qualità di vita.

Negli anni sono state sperimentate molte tecniche, ma non tutte sostenibili a causa dei costi in termini economici e ambientali. Tuttavia relativamente di recente si è orientati verso un approccio più naturale, con l’impiego di piante capaci di assorbire gli inquinanti e renderli inerti.

Grazie alla fitodepurazione, infatti, è possibile al tempo stesso bonificare il suolo, migliorandone anche la fertilità, e addirittura riutilizzare i composti stoccati dalle piante stesse.

Molto adatta allo scopo si è dimostrata la Mirabilis Jalapa, la bella di notte, capace non solo di sopravvivere in suoli con alte concentrazioni di metalli pesanti , ma anche di avere una forte propensione ad assorbire nella parte aerea piombo e zinco.

L’eccezionalità della scoperta è anche nell’enorme diffusione come varietà spontanea della Mirabilis su tutto il territorio italiano.

Oltre alla bella di notte, si sono dimostrate molto utili nel fitorisanamento anche la canapa sativa, impiegata di recente per bonificare l’Ilva di Taranto, il girasole selvatico, la senape indiana ed anche alberi come pioppi.

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Oleolito di iperico e la notte di San Giovanni

Oleolito di ipericoL’iperico (Hypericum perforatum ) è una varietà perenne spontanea diffusa in quasi tutta Italia. Viene chiamata anche come erba di San Giovanni, in quanto la sua fioritura raggiunge il culmine in prossimità del 24 Giugno, giorno appunto di San Giovanni Battista.

L’iperico è una pianta che difficilmente supera i 50 cm di altezza, dunque  se non si ha la fortuna di poterla raccogliere allo stato spontaneo,  si può anche coltivare in vaso. Il nome latino, Hypericum Perforato, deriva dalla caratteristica delle foglie che, se osservate in controluce, appaiono appunto forate, ma, in realtà, sono piccole vescichette oleose dalle quali filtra la luce creando questo particolare effetto ottico. I fiori sono gialli, con cinque petali, sui quali sono visibili dei puntini neri: essi sono delle strutture ghiandolari che contengono l’ipericina, una sostanza profumata e oleosa che, insieme ad altre sostanze presenti nell’iperico, lo rendono un potente fitofarmaco. L’iperico, infatti, è impiegato in erboristeria per le sue proprietà antidepressive, antibatteriche ed antinfiammatorie.

Il modo più semplice, in un contesto domestico, per impiegare l’iperico è con la preparazione dell’oleolito: si macerano al sole i fiori di Iperico, circa 30 g per ogni 100 ml di olio di oliva (si consiglia un olio buono, per evitare che irrancidisca presto) per sei settimane al sole, ma coperto, perché l’olio è fotosensibile. Successivamente si filtra l’olio, che sarà diventato rosso per via dell’ipericina, e lo si conserva in un recipiente pulito e preferibilmente di vetro scuro. L’oleolito di Iperico si conserva anche per 24 mesi e si può utilizzare per uso esterno per curare ferite, nei massaggi per alleviare dolori muscolari, o per alleviare problemi di couperose e arrossamenti. Prezioso per gli eritemi solari e le scottature in generale.

Per uso interno, invece, si può utilizzare in infusione dei fiori essiccati o freschi (in estate si consiglia di raccogliere i fiori ed essiccarne una parte solo per gli infusi per l’inverno): un cucchiaio di fiori per ogni tazza di acqua. L’infuso di iperico è molto indicato per alleviare tosse, raffreddore, insonnia ed ansia.

Per tradizione, i fiori di iperico si raccolgono il 24 Giugno, giorno di S. Giovanni, in quanto, come già detto, oltre ad essere il giorno di fioritura massima, si narra che la rugiada della notte di San Giovanni abbia virtù eccezionali simili a quelle dell’acqua battesimale del Santo. Molto probabilmente questa credenza è la trasposizione cristiana di un rito pagano nel quale all’origine si celebrava il solstizio d’estate e l’unione tra il sole e la luna.

Ad ogni modo il tempo balsamico dell’iperico (ovvero il periodo dell’anno in cui l’erba ha la più alta concentrazione del principio per cui viene utilizzata) è proprio Giugno, quindi nelle credenze popolari a volte c’è un fondamento scientifico.

ATTENZIONE :  Se ne sconsiglia l’uso in gravidanza ed allattamento. Può inibire l’assorbimento di farmaci, quindi durante terapie farmacologiche, evitare assolutamente l’impiego dell’iperico.

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Dove trovare i Semi di iperico

Di facile coltivazione, in quanto molto rustica e resistente al freddo. Non supera i 50 cm di altezza, quindi è coltivabile anche in vaso .
Per chi non ha la possibilità di coltivarlo, consigliamo la sezione dedicata ai prodotti con l’iperico del nostro sito, dove è possibile trovare l’oleolito di iperico già pronto, l’unguento, il libro e addirittura anche prodotti specifici per alleviare irritazioni dei nostri amici a quattro zampe (sia cani che gatti).

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Come ottenere lo scheletro di una foglia

decorazione con scheletri di foglie

Forse ti sarà capitato già di imbatterti in questi  eterei oggetti misteriosi , più simili a delle piume, che non a delle foglie. Gli scheletri delle foglie, “skeleton leaves” in inglese, possono essere utilizzati per decorare pacchetti, impreziosire biglietti, realizzare composizioni o diventare veri e propri gioielli. In commercio si trovano di tutti i colori, forme o misure, ma realizzarli è piuttosto semplice e gratificante.

Occorrente:
– bicarbonato (anche quello non alimentare)
– candeggina e coloranti (opzionali)
– spazzolino da denti
– foglie ( le più adatte sono acero , gardenia , magnolia , castagno , betulla o faggio )

come fare scheletri di foglie

Per ogni mezzo litro d’acqua occorrono circa 20 grammi di bicarbonato.
Far riscaldare la soluzione e prima dell’ebollizione,versare le foglie all’interno. Le foglie vanno letteralmente lessate per circa 30 minuti e scolate con estrema delicatezza.
Una volta freddate, bisogna riporle su un piatto o un tagliere e spazzolate delicatamente con lo spazzolino da denti per eliminare la lamina fogliare dalle nervature.
Successivamente lo scheletro può essere sbiancato con qualche goccia di candeggina per un effetto neutro, o addirittura colorato con colori naturali ( barbabietola, zafferano, spinacio, ecc..ecc..) o alimentari. Chiaramente l’uso di candeggina, seppure in pochissime quantità, è opzionale ed anche sconsigliato considerato l’impatto ambientale di questa sostanza chimica. Molto più indicato uno sbiancamento naturale, sfruttando l’esposizione al sole, procedimento più lungo, ma più ecologico. Prima di essere impiegate in qualsiasi tipo di composizione, necessitano di un’accurata e prolungata asciugatura, maneggiandole sempre con estrema delicatezza.

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Alimurgia pratica: l’erbazzone

erbazzoneL’Alimurgia richiede due abilità fondamentali: la capacità di riconoscere le erbe spontanee edibili da quelle potenzialmente pericolose e una buona dose di inventiva in cucina. Fortunatamente entrambe sono abilità facilmente acquisibili con l’esperienza “sul campo” nel vero senso della parola!  Il modo più semplice è andare a passeggio in zone lontane dal traffico con una persona più esperta o con un buon libro sul tema e testare con mano. Per l’aspetto culinario, invece, oltre ai libri, si può scavare nella tradizione dei piatti tipici regionali.  L’erbazzone, ad esempio, nasce come piatto povero, costituito perlopiù da erbe spontanee, ripassate in padella, racchiuse in una pasta sottile e cotto al forno. Negli anni la ricetta è stata rielaborata e arricchita con salumi, formaggio e le erbe spontanee sostituite da spinaci e bietole. Ritornando alle origini, l’erbazzone può quindi essere realizzato tranquillamente con un miscuglio di foglie di tarassaco, piantaggine, farinello (chenopodium ), cicorietta, in base alle disponibilità, riscoprendo gli antichi sapori di questa prelibata torta salata. In realtà, molte delle odierne preparazioni con gli spinaci, in origine erano preparazioni con le spontanee, come ad esempio nei ravioli e nei risotti.

Libri consigliati :

Gruppi Facebook interamente dedicati alle erbe spontanee :

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I Super cibi: pomodoro nero di Crimea

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Il Pomodoro Nero di Crimea (Solanum Lycopersicum ‘Nero di Crimea’) appartiene alla famiglia delle Solanacee, proprio come tutti gli altri pomodori. La sua peculiarità è nella colorazione: un rosso, tendente al marrone scuro , con striature verdi, quindi non è proprio “nero-nero”, come lascia intendere il nome. Tale colorazione è data dall’altissima quantità di licopene, un carotenoide che, oltre ad avere molteplici proprietà di cui parleremo dopo, ha anche la funzione di dare una colorazione ai frutti e agli ortaggi. In realtà è presente in tutti i pomodori, ma in quantità maggiori nel nero di Crimea, purché a completa maturazione. Infatti a parità di varietà , a differenti stadi di maturazione, presentano concentrazioni di licopene differenti. Secondo recenti studi, è stato dimostrato che il licopene è tra i carotenoidi con il più alto potere antiossidante, quindi un ottimo alleato nella prevenzione di tumori. Nello specifico, si è dimostrato particolarmente efficace nel ridurre i rischi di cancro alla prostata nell’uomo e al seno nelle donne.

Da altri studi sul licopene si è anche dimostrato che se trattato termicamente, quindi con la cottura, la sua biodisponibilità  aumenta, ovvero viene assorbito meglio e più in fretta dal corpo, soprattutto in presenza di grassi, in quanto lipofila.

In altre parole, uno spaghetto al pomodoro, che è un po’ l’emblema della cucina italiana, si dimostra una scelta gustosa ed anche molto salutare.

Da un punto di vista della coltivazione, il nero di Crimea ha anche un ciclo piuttosto breve: dopo tre mesi dalla semina, è già possibile raccogliere i primi frutti.

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I Super cibi: il lupino

Lupino alleato contro colesterolo e diabeteIl lupino è un legume tutt’oggi ancora associato all’idea di snack, mangiato in salamoia e venduto in sagre o fiere di paese.
In realtà negli ultimi anni è stato molto rivalutato per la grande quantità di proprietà:

  • alto contenuto proteico: è tra i legumi a presentare il più alto contenuto proteico (ben 36 g per 100 g di prodotto), anche più della soia (34 g per 100 g), quindi risulta una valida alternativa nelle diete vegetariane e vegane.
  • alto contenuto Omega-3: acidi grassi polinsaturi essenziali che regolano il colesterolo “cattivo” (LDL) del sangue
  • presenza della proteina conglutina: recenti studi hanno dimostrato la capacità di questa proteina di regolare i valori del glucosio nel sangue, verosimilmente all’azione della stessa insulina.
  • ricco di fibre e poche calorie: 100 grammi contengono appena 116 Kcal e ben 3 grammi di fibre, rendendolo adatto anche in un regime alimentare controllato e ai celiaci, in quanto non contiene glutine.

 

Coltivarlo è semplice e, in quanto leguminosa, arricchisce anche il suolo di azoto, rendendolo più fertile.
Sicuramente una varietà da rivalutare nell’alimentazione e nella coltivazione.

Dove acquistare i semi di Lupino : http://www.ifioridelbene.com

 

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I super cibi: la Stevia. Come si coltiva e come si usa.

Stevia , l'alternativa allo zuccheroPresente ormai in tutti i prodotti a basso contenuto calorico, meglio ancora, “low-carb”, ovvero a basso contenuto di carboidrati, forse non molti sanno cos’è effettivamente la Stevia e perché è rientrata di diritto nei cosiddetti “super cibi”.
E’ un arbusto perenne appartenente alla famiglia dei crisantemi originaria del Paraguay e Brasile: utilizzata come dolcificante naturale per la presenza dello stevioside, il principio che ne determina il potere dolcificante a zero calorie e senza influire sui valori della glicemia (dunque molto importante anche per chi soffre di diabete).
Lo stevioside a differenza di altri dolcificanti di sintesi, come l’aspartame, oltre a non apportare danni alla salute, non si altera alle alte temperature, quindi è adatto anche nelle cotture (gli edulcoranti di sintesi alle alte temperature si “denaturano”, perdendo il potere dolcificante).
La Stevia si adatta bene anche ai climi italiani e, grazie alle modeste dimensioni, può essere coltivata anche in vaso, avendo l´accortezza di mantenere il terreno sempre ben drenato.
La Stevia necessita di luce ed annaffiature costanti, effettuate solo
quando la terra è asciutta.
E’ una pianta perenne. In inverno si consiglia di tenerla al riparo.
Le piante vanno potate almeno due volte: prima e dopo la fioritura. La prima quando la pianta raggiunge 10-12 centimetri di altezza, con tagli netti e obliqui e fatti al di sopra di una gemma, dalla quale si formerà un nuovo ramo. Questa potatura ha la funzione di far crescere la pianta in larghezza, piuttosto che in lunghezza, aumentando quindi il numero delle foglie. La seconda potatura va fatta subito dopo la fioritura (da Ottobre in poi), e dopo che tutti i semi siano stati raccolti, infatti in autunno la pianta generalmente comincia a seccare, per andare in riposo vegetativo durante l’inverno. E’ a tutti gli effetti una ” brevidiurna”, ovvero subisce molto l’influenza della riduzione quotidiana delle ore di luce: come le ore di luce si riducono, comincia a fiorire per terminare il suo ciclo.

Dopo la potatura, se preservata dal freddo, la stevia rigetterà nuovamente durante la primavera successiva.

I semi, quindi, si raccolgono nel momento in cui i fiori, piccolissimi e bianchi (non profumano), cominciano a seccare.
La Stevia si può riprodurre anche mediante talea.
La talea, che è di tipo erbacea, va fatta proprio all’inizio di primavera: si preleva un rametto dalla parte più giovane della pianta e lo si interra. Nel giro di qualche settimana la talea inizierà a radicare.

Come si usa la Stevia Rebaudiana:

Foglie fresche.

Si possono usare per infusioni o decotti.

Estratto liquido di Stevia.

Estratto di Stevia :
Ingredienti :
– 1 litro di alcool a 95°
– 350 grammi di foglie fresche di stevia
– 350 ml d’acqua

Preparazione :
L’estratto si prepara mettendo le foglie fresche ( 350 grammi) in un
litro di alcool a 95° e lasciando macerare il tutto per 15 giorni.
Successivamente si filtra la soluzione e la si diluisce aggiungendo 350 ml di acqua. A questo punto si fa evaporare l’alcool, riscaldando la soluzione a fuoco lento per evitare che possa infiammarsi. Poi si procede concentrando la soluzione facendola bollire (quindi a fiamma vivace) fino a raggiungere la consistenza di uno sciroppo. Ovviamente più l’estratto è concentrato, più è dolce.
E’ stato stimato che 200 grammi di sciroppo (ottenuto da 1 litro di
alcool) abbia un potere dolcificante pari a circa 14 chili di zucchero
(saccarosio).

Polvere:

Si ottiene dalle foglie secche, ottenute come la maggior parte delle erbe officinali, ovvero lasciandole essiccare al sole per qualche giorno.
Dopo l’essiccazione si procede allo sminuzzamento delle foglie, che possono essere sbriciolate manualmente o in un comune mixer.

Grappa alla Stevia:

Occorrono circa 50 foglie di Stevia (ben lavate ed asciugate) per 1 litro di grappa bianca (preferibile quella a 40 gradi): basta tenere in infusione le foglie nella grappa per circa 30 giorni (in realtà dipende dai gusti, più tempo resta nella grappa, più sarà marcato il carattere dolce della stevia), si filtra e si gusta a temperatura ambiente!
La grappa, tipicamente pungente, con la Stevia assume un carattere tondo e diventa gradevole come un liquore.

Leggi anche Limoncello senza zucchero con la stevia

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I super cibi: bacche di Goji, proprietà, usi e coltivazione

Bacche di Goji

Coltivate da migliaia di anni e considerate un potente integratore naturale, le bacche di goji sono diventate note almeno in Italia solo di recente. Il consumo giornaliero raccomandato di queste bacche rosse è di circa 10/20 grammi al giorno.

Proprietà delle bacche di Goji

Consumate sia fresche che essiccate, hanno un elevato contenuto di antiossidanti, vitamina C (500 volte superiore alle arance), calcio, ferro, vitamine del gruppo B, sali minerali e proteine (ben 12 g per 100 g). Stimolano il metabolismo e il sistema immunitario, aiutano il sonno e hanno anche proprietà antinfiammatorie. Tuttavia, in un’alimentazione controllata, durante una dieta ipocalorica, è bene anche ricordare che 100 g di bacche i Goji contengono 362 Kcal, quasi quanto la pasta da cruda. Quindi in riferimento alla quantità giornaliera consigliata, l’introito calorico supplementare sarà di 36-72 Kcal, valore trascurabile se si rispettano le dosi suggerite.  

Come si consumano le bacche di Goji

Le bacche di Goji possono essere mangiate sia essiccate che fresche. Se le consumate essiccate, si possono mangiarle così come sono come snack oppure, come ingrediente in dolci o insalate, ammollandole prima in acqua come si fa con l’uvetta. Possono essere utilizzate da fresche anche frullate estraendone il succo, o da essiccate sempre dopo averle precedentemente ammollate. Si possono aggiungere a frullati e bevande. Infine possono essere utilizzate in infusione per ottenerne una bevanda calda.

Come si coltiva Lycium Barbarum, ovvero la pianta delle bacche Goji

Forse non tutti sanno che il Lycium Barbarum, nome botanico della pianta nota per le sue bacche, pur essendo originaria dell’Asia Orientale, è possibile coltivarla facilmente anche in Italia. Addirittura in Europa ne esiste una forma spontanea di Lycium, il Lycium Europaeum. Considerate le piccole dimensioni del Lycium Barbarum, può essere tenuto anche in vaso. Non teme il freddo, ma in climi particolarmente rigidi, è preferibile utilizzare una copertura in TNT (tessuto non tessuto) o il ricovero in serra. Appartiene alla grande famiglia delle Solanacee, la stessa di pomodori, melanzane e peperoni e pertanto ha esigenze simili: predilige terreno sabbioso e ben drenato, con posizione soleggiata.

Dove trovare Semi di Lycium Barbarum (Bacche Goji) : su http://www.ifioridelbene.com/semi/18-semi-di-lycium-barbarum-bacche-goji.html

 

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Sugaring: depilarsi con lo zucchero.

Con l’avvicinarsi dell’estate, si ripresenta l’annoso problema dei peli superflui.
Il metodo più efficace e duraturo è sicuramente la cera a caldo, pur se con qualche inconveniente come i residui sulla pelle e lo smaltimento dopo l’uso.
Una valida alternativa può essere l’utilizzo di una pasta di zucchero, chiamato “sugaring”, che pare abbia origini lontanissime risalenti addirittura all’Antico Egitto.
In rete sono tantissime le ricette e spesso si consiglia di stendere il composto ottenuto quando è compatto, quasi solido, ma in realtà così facendo perde molto del suo “potere avvolgente” intorno al pelo.
Gli ingredienti sono semplicemente tre, di facile reperimento e con un bassissimo costo: acqua, limone e, ovviamente, zucchero.
Il rapporto è di 1:1:5, ovvero per ogni grammo di acqua, ne occorre uno di limone e 5 di zucchero.
Si sciolgono tutti gli ingredienti in un pentolino a fiamma bassa, portandolo ad ebollizione e si continua finché il composto non assume un colore ambrato (attenzione a non farlo bruciare, altrimenti non bloccherà più il pelo). Si può utilizzare anche lo zucchero di canna, ma quello raffinato, comune, ha il vantaggio di avere come parametro di riferimento la colorazione, invece il composto ottenuto con lo zucchero di canna parte già molto scuro e bruciarlo è molto più facile. Per chi è in possesso di un termometro da cucina, il composto non deve superare i 160 ° C.
Prima dell’utilizzo, è consigliabile farlo raffreddare per qualche minuto.


Da questo punto in poi si procede come una comune cera: si stende il composto non troppo caldo (è ustionante proprio come la cera!) sulla parte da depilare e si strappa con decisione una volta raffreddato. Il preparato di zucchero tende a consolidarsi in fretta , quindi durante la depilazione è bene tenerlo in caldo a bagno maria (non direttamente sulla fiamma, altrimenti lo zucchero si brucia).

Può capitare, soprattutto le prime volte che si prepara la nostra “ceretta green”, di sbagliare i dosaggi o i tempi di cottura e dunque di ottenere un composto troppo fluido da non poter essere strappato dopo l’applicazione. Tuttavia se risulta ugualmente appiccicoso, si può applicare, ma andrà rimosso disponendo sopra una striscia di stoffa e strappando il tutto, come si fa con le strisce di cera a freddo confezionate. 


Può essere riutilizzato più volte (lo zucchero è un ottimo conservante naturale non a caso impiegato nelle confetture), riponendolo in un barattolo chiuso e sciogliendolo a bagno maria quando andrà riutilizzato.
Questa pratica del Sugaring, detta impropriamente anche “pasta di zucchero”, ha molti vantaggi: è economico, ecologico e per rimuovere i residui è sufficiente una doccia.

 

 

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In tempo di crisi si riscopre l’alimurgia, la scienza delle erbe spontanee

L’alimurgia o fitoalimurgia è la scienza di riconoscere e impiegare le erbe spontanee non solo per fini curativi, ma anche e soprattutto come alimento. Le piante alimurgiche vennero impiegate principalmente nei periodi di carestia e nei dopoguerra, ma sono state riscoperte anche oggi per piacere o necessità .
Non tutte le erbe spontanee sono alimurgichee per l’uomo. Inoltre vanno raccolte possibilmente in zone lontane dallo smog.
Nel dettaglio delle foto le quattro piante alimurgiche più diffuse: portulaca, ortica, farinello comune (Chenopodium album), tarassaco.

Portulaca oleracea 

E’ unaPortulaca pianta particolarmente infestante.
In ogni regione ha un nome differente: purselana (Liguria), erba grassa (Lombardia), barzellana (Sardegna), purcacchia o purcacc (Lazio), porcacchia (Marche), precacchia (Abruzzo), porcacchia o perchiacca (Basilicata), pucchiacchèlla, chiaccunella(Campania), perchiazza, sportellecchia (Toscana), andraca, purchiacca (Calabria), purciaca o purciddana (Sicilia), perchiazza o spurchiazza (Puglia), ‘mbrucacchia o brucacchia (Salento).

I germogli più teneri vengono impiegati crudi in insalata, tipo rughetta. Mentre le foglie più coriacee in minestre o frittate.

E’ ricchissima di omega-3 (adatta quindi alle persone affette da problemi cardiovascolari), un discreto apporto proteico (indicata nelle diete vegetariane o vegane).

 

ortica L’ortica è l’erba spontanea più nota e riconoscibile a causa delle sostanze urticanti che si sprigionano se toccata.
Gli impieghi sono molteplici, dall’uso tessile a quello erboristico.
Tuttavia può essere utilizzata anche in cucina esclusivamente cotta, in quanto la cottura inibisce le sostanze urticanti.
Può essere usata in minestre, risotti, frittate, frittelle.
E’ ricchissima di ferro (più degli spinaci), minerali e vitamine. Nel nostro blog abbiamo realizzato addirittura la birra e un ottimo macerato contro i parassiti.

 

Farinello comune ( Chenopodium album )

Farinello comune (Chenopodium album)

E’ diffuso in tutta Italia e può avere molte forme e colorazioni (dal verde all’amaranto). E’ uno spinacio selvatico, e, in quanto tale, può essere impiegato allo stesso modo.

 

 

 

Tarassacoll tarassaco è il re indiscusso in cucina per la versatilità.
Con il rizoma si può ottenere un surrogato del caffè
Con i fiori ancora chiusi , una sorta di “cappero” sotto sale , mentre con quelli aperti, il “miele” (sciroppo), chiamato anche “miele vegano di tarassaco“, un vero toccasana per la tosse e il mal di gola . E con le foglie il famoso erbazzone.
E , come se non bastasse, il tarassaco, oltre ad avere mille e più proprietà terapeutiche, è anche una pianta mellifera, quindi attrae gli insetti pronubi, ovvero gli impollinatori
.

 

Non chiamiamole più “erbacce”!

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