Ecosia: affidabilità e funzionamento del motore di ricerca green

Il motore di ricerca ecologico non è un progetto recente. Anzi, ha all’attivo circa 10 anni di ricerche, in quanto lanciato nel 2009 e sviluppato con la tecnologia di Bing e Yahoo. Ecosia da sempre promette che tutti i ricavati (circa l’80 %) vengono sistematicamente reinvestiti nella riforestazione di zone come Brasile, Perù, Indonesia e Madagascar. In circa 10 anni di attività, il motore di ricerca green non ha mai avuto tanta popolarità come nelle ultime settimane. Questo sicuramente grazie al grande lavoro di sensibilizzazione di Greta Thumberg, ma anche a causa dell’emergenza incendi in Amazzonia. Ecosia, infatti, ha provato a rilanciare il progetto come rimedio pratico ai danni subiti dal polmone verde della terra.

Fin dal lancio del motore di ricerca la domanda che si è posto l’utente medio è <<Ecosia fa realmente quello che promette o è solo una bufala?>>

Andando per gradi, spieghiamo bene cos’è, come funziona e cosa fa Ecosia.

Cos’è e come funziona Ecosia

Ecosia nasce come motore di ricerca che vuole sfidare (o almeno ci prova) Google, a colpi di alberi piantati in giro per il mondo. Tuttavia di base c’è un equivoco. Ecosia, come tutti i motori di ricerca, guadagna non dal numero di ricerche, ma dal numero di click che l’utente fa sulle pubblicità degli inserzionisti. Quindi dire che più si fanno ricerche su Ecosia, più saranno gli alberi piantati non è tecnicamente corretto. Infatti negli anni le informazioni al riguardo sul sito sono state via via modificate: inizialmente avevano indicato un guadagno medio di 0,13 € per ricerca, poi un albero piantato per ogni 45 ricerche. Ad oggi invece, spinti dalla richiesta da parte degli utenti di una maggiore trasparenza, è esplicitamente scritto che le pubblicità legate alle ricerche generano introiti.

Se da una parte effettivamente è stato dimostrato che negli anni i proventi, o buona parte, siano stati investiti nell’istallazione di più di 75 milioni di alberi (dati autodichiarati da Ecosia, ma confermati dal WWF, partner del progetto), dall’altra la piattaforma si alimenta al 100% con fonti rinnovabili, riducendo anche le emissioni di anidride carbonica. Dunque i fondatori di Ecosia sono riusciti a rendere ecofriendly anche una tecnologia notoriamente poco sostenibile.

Ecosia può essere utilizzato online attraverso il dominio www.ecosia.org, oppure come estensione di Chrome (cliccando sul tasto in home) e anche con l’app dedicata scaricabile dal sito o dai marketplace.

Ecosia è una bufala o una bella realtà?

In conclusione trovare aspetti negativi in Ecosia sembra difficile. Molti sollevano il dubbio che per essere un’azienda a fine di lucro, gli introiti sono troppo bassi per essere anche tutto vero quanto dichiarato. La spiegazione probabilmente risiede nella gestione della startup, con sede in Germania e dai pochissimi dipendenti, circa 6-7. Quindi a differenza di Google, pur dovendo fronteggiare spese e sostentamento, riesce a sopravvivere anche solo con il 20% delle entrate perché spesso ‘piccolo è meglio’! Dunque lasciare gli altri motori di ricerca per un’alternativa più attenta alle problematiche ambientali è un piccolo cambiamento che può generare grandi risultati.

 

 

Invasione (pacifica) di libellule a Torino: un fenomeno annuale tipico di agosto

Negli scorsi giorni molti abitanti di Torino hanno pubblicato sui social spettacolari foto di balconi completamente invasi da libellule giallo oro. Lo stupore di poter vedere un numero così grosso di questi leggiadri insetti si è manifestato in tutta la città, ma con una concentrazione maggiore nel quartiere di Borgo San Paolo. La domanda ricorrente che accompagnava le foto era: ma cosa fanno?

Molte testate locali hanno un po’ ingigantito la notizia creando allarmismo, cercando di farla passare come un segno di chissà che catastrofe imminente, conseguenza del surriscaldamento globale.

Il fenomeno in realtà a quanto pare si verifica con una cadenza quasi annuale, puntualmente nella prima settimana di agosto. Ricorrendo a Google, abbiamo trovato un articolo datato 1989 nell’archivio de La Repubblica. Addirittura, scavando ancora più a fondo, siamo risaliti ad un’osservazione del naturalista Vittore Ghiliani che ha documentato lo stesso fenomeno nella metà del 1800. Quindi non è un fenomeno recentissimo.

Cominciamo subito con lo specificare che la Anax ephippiger, nome scientifico di questa bellissima libellula, non è un insetto dannoso, né per l’uomo, né in agricoltura. Anzi, dal momento che si nutre di zanzare, sia allo stadio larvale, che da adulte, una presenza massiccia di libellule non può che essere una nota positiva. Dunque se proprio si vuole usare il termine “invasione” è del tutto pacifica.

Gli avvistamenti degli sciami avvengono perlopiù nelle ore serali, quando c’è una maggior concentrazione di zanzare.

La Anax ephippiger, chiamata anche imperatore vagabondo, è una specie proveniente dal Nord Africa. Si riproduce in acque ferme, ma non si riproducono nelle vicine risaie vercellesi, come si potrebbe ipotizzare, in quanto con le nostre temperature in inverno non potrebbero sopravvivere. In realtà Torino e le zone limitrofe rappresentano un punto di passaggio, una tappa obbligata, nel loro itinerario migratorio. A testimonianza di quanto affermato, è la durata del fenomeno che dura pochissimi giorni. Infatti già nella seconda settimana di agosto non sono stati più segnalati avvistamenti.

In conclusione, le Anax ephiger, pur essendo termofile, ovvero amano gli ambienti caldi, non vengono attratte dalla città a causa dei cambiamenti climatici, ma semplicemente migrano.

Quindi niente allarmismo e godiamoci lo spettacolo!

Curiosità: il pomodoro è un frutto o è un ortaggio?

Durante un’intervista un ex regbista irlandese, Brian O’Driscoll, per meglio esprimere un concetto disse che << la conoscenza è sapere che il pomodoro è un frutto, la saggezza è non utilizzarlo in una macedonia! >>.

Forse non tutti sanno che il pomodoro, infatti, non è esattamente un ortaggio, ma un frutto, anzi, più precisamente è una bacca.

L’errore di base è causato dalla tendenza di definire frutta tutti i vegetali dolci e ortaggi tutti gli altri. In realtà la distinzione tra frutto ed ortaggio (o verdura) è esclusivamente una scelta culinaria di etichettare il cibo. In botanica, invece, la definizione di frutto è molto diversa ed ha un significato molto più preciso: si intende frutto la struttura modificata dell’ovario dopo la fecondazione, all’interno del quale sono contenuti i semi. Dunque da un punto di vista strettamente scientifico, sono frutti anche le melanzane, le zucchine, zucche, ecc..

Viceversa, sempre da un punto di vista scientifico, quelli che in cucina sono impropriamente definiti come frutti, in realtà sono falsi frutti, come la mela (il vero frutto è il torsolo), o le fragole, in cui il vero frutto sono gli acheni, quelle capsuline gialle poste all’esterno.

Perché si elenca solo il pomodoro tra i “falsi ortaggi”?

Il pomodoro, pur non essendo il solo esempio di falso ortaggio, è sicuramente quello più citato. La spiegazione di tanta attenzione potrebbe risiedere forse nel nome: pomodoro deriva dalle parole pomo (mela) e d’oro, in quanto inizialmente i pomodori erano di color giallo. Infatti solo successivamente, come per le carote, in seguito alle ibridazioni e alle selezioni, il pomodoro ha cambiato via via colorazione, sebbene ad oggi sia disponibile anche nel colore originale. Dunque un nome che nasconde la risposta ad un dilemma.

Curiosità sui pomodori e l’ambiguità “frutta-ortaggio”

La difficile classificazione del pomodoro portò nel 1893 la Corte Suprema degli Stati Uniti ad ufficializzare l’appartenenza di questa diffusissima solanacea alla categoria ortaggi. All’epoca, infatti, la frutta non era tassata e poteva essere importata senza dazi, cosa che non accadeva per gli ortaggi, soggetti a tariffe anche piuttosto alte. Dunque, in un contesto economico, la disputa si è conclusa etichettando i pomodori come degli ortaggi, con la spiegazione della Corte che nell’uso comune vengono impiegati come tali.