Come combattere il caldo in maniera economica ed ecologica con tre piante rampicanti

L’importanza di avere un’abitazione energeticamente autosufficiente ormai è palese. Convertire edifici vecchi talvolta risulta davvero troppo oneroso e la soluzione ottimale è quantomeno limitare le dispersioni e gli sprechi energetici. Dalle ricerche ENEA, l’agenzia nazionale per nuove tecnologie, arrivano incoraggianti notizie su possibili metodi totalmente green per combattere il caldo e, al tempo stesso, riuscire a risparmiare anche in bolletta fino al 15%. Secondo una recente ricerca, infatti, è stato possibile dimostrare che, creando una copertura verticale ricoperta di piante rampicanti e isolando allo stesso modo anche i tetti, la temperatura interna dei locali può abbassarsi anche fino a 3 gradi, riducendo in estate il consumo elettrico impiegato dai climatizzatori del 15 %. I vantaggi di questa sorta di ‘cappotto vegetale’, tuttavia, non si limitano solo a combattere il caldo. In inverno, l’intercapedine tra la parete vegetale e il muro crea un effetto camino che trattiene la dispersione di calore e l’isolamento dall’umidità, riducendo anche in questo caso i costi di riscaldamento del 10%.

Altri vantaggi del ‘cappotto verde’

Un’idea tanto semplice quanto geniale, dunque, quella messa a punto dall’ENEA, ma, inaspettatamente, i vantaggi del ‘cappotto verde’ continuano. La riduzione dell’utilizzo di condizionatori inevitabilmente implica anche una minore produzione di anidride carbonica, metano ed altre emissioni pericolose per l’uomo e l’ambiente. Sorprendentemente una presenza maggiore di verde aiuta non solo adattenuare l’inquinamento acustico, ma anche gli affetti collaterali di un fenomeno sempre più frequente chiamato ‘bomba d’acqua’: abbondantissime precipitazioni concentrate in poco tempo. La vegetazione, in presenza considerevole, contribuisce ad assorbire il 50% delle precipitazioni piovane, in quanto forse non tutti sanno che ormai i tetti e i terrazzi rappresentano il 20% della superficie totale della città. Tutto ciò, senza considerare, ovviamente, anche un miglioramento della qualità dell’aria: basti pensare che 25 metri quadrati di vegetazione produce il fabbisogno di ossigeno di una persona e, al tempo stesso, 1 solo metro quadrato elimina circa 0,2 kg di particolato presente nell’aria che respiriamo.

Le piante più adatte per risparmiare e combattere il caldo

Non tutte le piante sono adatte a rivestire la copertura verticale o i terrazzi, o meglio, potenzialmente tutte possono farlo, ma non tutte lo fanno con un’efficienza ottimale allo scopo preposto. Esiste infatti un parametro oggettivo, la costante verde, che, se è uguale a zero, indica che la pianta non è capace di schermare la casa neutralizzando la radiazione solare. Invece, se è uguale ad 1, è adatta a rivestire la struttura verticale che costituisce il ‘cappotto verde’. Nel corso delle sperimentazioni, la pianta più schermante si è dimostrata la Pandorea Jasminoides variegata, una bellissima pianta sempreverde rampicante con fiori rosa e bianchi appartenente alla stessa famiglia della Bignonia. Leggermente al di sotto, in termini di efficienza, ma valutate comunque idonee, sono anche la Lonicera Hall’s Prolific, una varietà di caprifoglio, e la Parthenocissus quinquefolia (più nota come vite americana).

Nell’allestimento delle coperture verdi vengono impiegate tuttavia anche altre tipologie di piante, scelte in base all’esposizione al sole degli edifici, alla loro conformazione (tipo di tetto) e alla posizione geografica per fornire un prodotto finale con poche esigenze idriche e poca manutenzione.

L’ENEA organizza dei corsi gratuiti di formazione per la realizzazione delle coperture verdi rivolti ad agronomi, biologi, architetti, periti agrari e laureati in scienze naturali. Sicuramente è un’ottima occasione per creare nuovo lavoro ecosostenibile.

In prospettiva anche degli incentivi previsti dal “BONUS VERDE”, risulta utile approfittarne per convertire il proprio edificio o, perché no, provare in autonomia a realizzare il proprio “cappotto verde”.

 

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