Diserbante naturale: acqua e sale!

Le erbe infestanti rappresentano una vera spina nel fianco per chi si prende cura di un piccolo orto o di un giardino. Molte erbe spontanee sono utili ed anche edibili, ma non sempre.

Come già detto anche nel post sul risparmio idrico, la pacciamatura può essere un’ottima soluzione: isolare lo strato superficiale del terreno con materiale organico, tipo corteccia, sfalcio d’erba, o materiale inorganico minerale, come ghiaia o rocce laviche, impedisce alle infestanti di crescere a dismisura tra le piante coltivate. [Leggi anche “La pacciamatura“]

In un precedente post abbiamo anche affrontato il tema specifico delle infestanti, spiegando che ancora una volta la prevenzione è più importante del rimedio: dunque è fondamentale eliminare le piante infestanti prima che riescano a propagare i propri semi [Leggi anche “Il controllo delle infestanti” ]

Dopo queste doverose premesse, in aggiunta o alternativa alle strategie sopra elencate, si può utilizzare un diserbante completamente naturale e innocuo per l’ambiente e le persone composto da acqua e sale marino.

E’ sufficiente far sciogliere 80 g di sale ogni 4 litri d’acqua (dosaggio per 1 metro quadrato ) e versare la soluzione sul terreno umido: avrete un diserbante efficace, ma naturale. Ricordate che per un anno non potrete seminare nulla nella zona irrorata. 

Il sale può essere usato anche in purezza direttamente sul terreno umido alla base di piante particolarmente ostinate come il convolvolo che, pur avendo dei fiorellini molto graziosi, tende a soffocare come un cobra tutto ciò che incontra. Anche gli elateridi del frumento (insetti dannosi) non amano il sale marino, che può essere sparso sul terreno in ragione di 200 g /ara, senza tuttavia superare il dosaggio per non rischiare un diserbo totale.

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Libro ” Fertilizzanti e trattamenti naturali “ di Victor Renaud

 

Combattere le zanzare in 3 mosse senza chimica

Le zanzare ogni anno si ripresentano puntuali con l’arrivo dei primi caldi, quando le temperature in primavera superano i 12°C, raggiungendo l’apice del ciclo riproduttivo verso metà agosto, per fermarsi in autunno. Le strategie per combatterle in modo naturale, senza l’utilizzo di sostanze chimiche, si suddivide in vari step. Prima di intraprendere qualsiasi precauzione contro le zanzare, tuttavia, occorre concordare con il vicinato di iniziare insieme questa azione di bonifica, in quanto la zanzara, pur essendo un animale stanziale, si spostano fino a 100 m, dunque cercare di debellarle è inutile, se non lo si fa unitamente anche nelle zone limitrofe alla propria abitazione.

Fase 1: Impedire la riproduzione delle zanzare

Il rimedio fondamentale contro le zanzare è, prima di ogni altra strategia, impedire la loro proliferazione. E’ risaputo che per riprodursi hanno bisogno nello stadio larvale di acqua. Dunque risulta molto utile, nei pressi della zona da bonificare, rimuovere ristagni da grondaie, sottovasi o qualsiasi superficie dove, dopo un acquazzone, si raccogliere l’acqua, che dovrà essere versata sul terreno (soprattutto in presenza di uova o larve già sviluppate) e non nei tombini, dove potrebbero continuano indisturbate il proprio ciclo. A tal proposito, non potendo intervenire all’interno di quest’ultimi, si consiglia l’uso di un prodotto specifico totalmente innocuo per l’ambiente, un larvicida biologico a base di BACILLUS THURINGIENSIS,che agisce bloccando l’alimentazione delle larve, facendole morire in poche ore.

Nel caso non fosse possibile svuotare tutti i recipienti contenenti acqua, tipo ciotole o abbeveratoi degli animali domestici, è sufficiente sostituire l’acqua ogni 4 giorni, considerato che il ciclo da uova ad esemplare adulto è di circa 7 giorni. Per chi fa la raccolta dell’acqua piovana ed ha la necessità di stoccarla in giardino per molto tempo, può essere necessario chiudere i recipienti ermeticamente. In presenza di vasche ornamentali si può valutare  l’introduzione sia di pesciolini rossi che si nutrono, appunto, delle larve, che di anche altri alleati, come vedremo nella fase 2. Nei sottovasi si può scegliere di utilizzare sia argilla espansa, che assorbirà l’acqua rendendola disponibile esclusivamente alle piante, che rame sotto forma di filamento (per intenderci, quello presente nei cavi elettrici) o  cristallo di solfato di rame, che a contatto con l’acqua ossida diventandola tossica per le larve. Il rame, nella quantità di 20 grammi per litro, va tuttavia sostituito di frequente perché perde di efficacia. Spesso viene suggerito anche l’impiego delle monetine in rame (quelle da 1, 2 e 5 centesimi), tuttavia la quantità effettiva di rame è davvero esigua, in quanto le monete sono per quasi il 95% in acciaio e placcate in rame.

Fase 2: Lotta biologica alle zanzare

Il principio della ‘lotta biologica’ si basa sullo sfruttamento del naturale rapporto preda-predatore per debellare un parassita. In natura i predatori naturali delle zanzare sono i pipistrelli, le rondini, le rane, i girini, tartarughe, copepodi (piccoli crostacei), solo per citarne alcuni. L’idea di introdurre specie non spontanee in un ambiente poco circoscritto come un giardino non è un’idea sempre ottimale. Il nostro consiglio è piuttosto di incentivare a soggiornare le specie autoctone e già presenti in zona, trasformando il vostro giardino in un ambiente più ospitale. Dunque creare o installare nidi per le rondini, apposite casette per pipistrelli, chiamate bat box, o abbeveratoi per meglio accogliere e facilitare la vita dei nostri alleati nella battaglia alle zanzare.

Fase 3: Allontanare le zanzare 

Dopo aver provato ad impedire che le zanzare si riproducano e aver incrementato la presenza di predatori naturali, la fase successiva è allontanare le zanzare adulte. L’utilizzo di zanzariere o altre barriere meccaniche è fondamentale per salvaguardare l’interno dell’abitazione e difenderlo anche da altri insetti altrettanto molesti.

Anche una scelta mirata delle piante in giardino può aiutare a creare una barriera naturale contro questo fastidioso ospite. Oltre ai ben noti gerani e la citronella, hanno un’azione repellente per le zanzare anche le aromatiche, come il basilico e rosmarino, la lavanda, la calendula, la lantana (che al tempo stesso attira meravigliose farfalle). Dunque piante antizanzara, ma anche utili in cucina e notevolmente decorative.

Rimedi naturali alle punture di zanzare

Se malgrado la bonifica, qualche zanzara riesce ugualmente a pungervi (soprattutto considerando che per ottenere risultati visibili occorrono diversi mesi) o semplicemente durante un’escursione ci si ferisce, svolge un egregio servizio di pronto soccorso la piantaggine maggiore, Plantago Major: una pianta spontanea annuale diffusa praticamente in tutta Italia e riconoscibile per la foglia costoluta con nervature evidenti. E’ sufficiente ridurre la foglia in poltiglia ed applicarla sul taglio o sulla puntura: la mucillagine presente nella piantaggine ha proprietà emollienti, decongestionante e antinfiammatorie. Ridurrà il gonfiore, la sensazione di prurito e bruciore.

Resta, ad ogni modo, fondamentale non cedere mai alla tentazione di grattarsi, che dopo un sollievo iniziale, non riduce il prurito, anzi, lo aumenta e la pelle colpita dalla puntura può infiammarsi, peggiorando la situazione.

Tintura all’arnica: come si prepara e come si usa contro le distorsioni

Spesso abbiamo parlato degli oleoliti, ovvero infusione di erbe officinali in olio per estrarne le proprietà terapeutiche. In realtà esistono tante altre preparazioni estrattiva, ma per semplicità sia nel reperire le materie prime  che di esecuzione, sicuramente gli oleoliti sono un primo approccio adatto anche ai neofiti.

Altre tecniche estrattive, come ad esempio le tinture, prevedono l’utilizzo di alcool e una successiva diluizione con acqua in base al tipo di pianta impiegata. Anche il rapporto tra piante e alcool varia molto, così come i tempi di macerazione.

 

Senza scendere troppo nel dettaglio dunque, ed anche cercando di semplificare, per preparare una tintura di arnica occorrono:

  • 10 grammi di radice di arnica essiccata
  • 120 ml di alcool alimentare 95°
  • 70 ml acqua distillata

Si lascia in macerazione la radice di arnica nell’alcool per circa 20 giorni, agitando il contenitore ermetico quotidianamente.

Successivamente si filtra e si diluisce con l’acqua, riponendo il composto in un contenitore di vetro scuro, meglio ancora se dotato di contagocce .

La tintura così ottenuta, non va MAI ingerita (l’arnica è tossica se ingerita!), viene utilizzata solo per uso esterno e mai su pelle lesionata.

E’ molto indicata in caso di distorsioni, slogature e dolori muscolo-scheletrici: si applica su una garza per formare degli impacchi da applicare sulle parti doloranti. La presenza di glucosidi flavonoici  donano all’arnica proprietà vasocostrittori, influendo sulla circolazione, e dunque è molto indicata per il riassorbimento di ematomi.

L’arnica montana è una pianta spontanea, tuttavia risulta sempre più difficile reperirla in natura, tanto da rientrare tra le specie protette. In qualche erboristeria ben fornita è possibile trovare la radice essiccata di arnica. Tuttavia coltivarla non è difficile, in quanto ha dimensioni ridotte e poche esigenze.

Dove acquistare i semi di Arnica Montana ?

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Argilla: proprietà ed usi

Quando si parla di argilla, nell’immaginario collettivo si pensa subito alle maschere. In realtà questo preziosissimo dono della natura di origine minerale è incredibilmente versatile e si presta a moltissimi impieghi.

Infatti l’argilla in polvere che, appunto, utilizziamo in cosmesi per realizzare le maschere, è la stessa che viene utilizzata per la produzione di ceramiche, o in campo floro-vivaistico per produrre l’argilla espansa. Addirittura in agricoltura biologica l’argilla, nella variante bianca (caolino), viene utilizzata, diluita con acqua e spruzzata sugli alberi per proteggerli dalle mosche delle olive, dai danni del sole e prevenire la cascola, ovvero la caduta prematura delle gemme. Anche la cosiddetta “sabbietta” della lettiera dei gatti altro non è che argilla.

Ma che cos’è l’argilla?

In termini strettamente geologici, è una famiglia di minerali presenti in natura con una granulometria molto ridotta, dall’aspetto per così dire polveroso, caratterizzata da due principali aspetti: elevata assorbenza e, se idratata, formare una massa plastica molto compatta.

In un contesto cosmetico, le argille più usate sono la bianca, costituita da caolino, la verde (bentonite) che si suddividono in base alla granulometria in macinata grossa, macinata fine, e ventilata.

La più versatile è la ventilata, adatta sia ad un uso interno che esterno.

Ebbene sì, oltre alle maschere, dell’argilla se ne può fare anche un uso interno. Per la precisione si può realizzare una bevanda a base d’argilla, sciogliendo un cucchiaio raso di argilla in un bicchiere di acqua fredda. Si lascia sedimentare per una notte e si beve solo l’acqua, lasciando l’argilla sul fondo. Non è piacevolissima come bevanda, soprattutto le prime volte. Tuttavia è molto depurativa ed indicata nei periodi di stress e cattiva alimentazione.

Per gli amanti dell’autoproduzione, con l’argilla si può realizzare anche un dentifricio in polvere, come ben spiegato nel libro “Io lo so fare ” di Mariella Correggia. Occorrono un barattolino di vetro, 3 parti di argilla bianca, 1 parte di bicarbonato, qualche foglia essiccata di menta o salvia, opzionale qualche goccia di olio essenziale. Si mescola il tutto e si applica sullo spazzolino all’occorrenza.

E per concludere, un ultimo utilizzo dell’argilla come smacchiatore dei tessuti: si applica direttamente sulle macchie e la si lascia agire. Grazie al suo potere assorbente, eliminerà ogni alone. Sarà sufficiente lasciar asciugare e spazzolare via l’argilla.

Dove acquistare l’argilla bianca:

—->> http://www.ifioridelbene.com/ecocosmesi/82-argilla-bianca-caolino-100-g.html

Dove acquistare l’argilla verde:

—->> http://www.ifioridelbene.com/ecocosmesi/81-argilla-verde-fine-200-g.html

Insonnia primaverile : cause e rimedi

In primavera , oltre ai disturbi legati ai pollini , anche dormire può risultare difficile a causa delle ore di luce che aumentano , riducendo la secrezione della melatonina , ormone che regola appunto il sonno . La melatonina , infatti , viene prodotta dall’ipofisi durante il buio e viene interpretato dall’organismo come segnale di imminente riposo . Viceversa , in presenza di luce , la quantità di melatonina si riduce , portando l’organismo a stare sveglio .

Oltre agli integratori di sintesi , la melatonina è presente in natura in numerosi alimenti , come banane , ciliegie , uva , riso , cereali e prugne .

Tuttavia , se la sola correzione dell’alimentazione non dovesse bastare , esistono anche altri rimedi naturali per sconfiggere l’insonnia .

Tra i tanti rimedi , può aiutare anche l’assunzione di escolzia ( Eschscholtzia californica )   sotto forma di tintura madre , compresse o essiccata in infusione .
L’Escolzia , chiamata anche “Papavero Californiano” , in quanto appartenente appunto alla famiglia delle papaveracee , è una varietà erbacea annuale , largamente usata per decorare aiuole e bordure , ma in erboristerie è impiegato anche come sedativo : è utile contro mal di testa, disturbi dell’umore e del sonno, e la pressione alta . Lo stelo e i fiori , infatti , contengono degli alcaloidi che agiscono da un lato sull’attività cardiaca, abbassandone la pressione; dall’altro sul sistema nervoso centrale, riducendo l’attività delle cellule della corteccia cerebrale, in quanto inducono il rilassamento muscolare e stimolano il sonno .
La pianta ha anche un’azione antispasmodica e analgesica, dovuta alla presenza della chelidonia, che agisce come spasmolitico soprattutto al livello del sistema gastroenterico .
Il metodo più semplice per usarla è l’infusione delle sommità , essiccate o fresche , circa un cucchiaio per una tazza d’acqua .
Se ne sconsiglia l’uso ai bambini , in gravidanza o allattamento e alle persone che assumono psicofarmaci , antistaminici , antidepressivi e per chi è affetto da patologie cardiache .

A proposito di Escolzia …lo sapevi che è chiamata anche “pianta barometro” perché i suoi fiori poco prima di un temporale avvisano dell’imminente cambio di tempo chiudendosi ? No ? Allora ti potrebbe interessare anche il post “ Le piante barometro , altro che app !

Ti sei deciso a coltivare l’escolzia ?

Ecco dove comprare i semi di Escolzia –>> http://www.ifioridelbene.com/semi/44-semi-di-escolzia-in-miscuglio-eschscholtzia-californica-.html

Sciroppo per la tosse con il marrubio

Il marrubio comune (nome scientifico Marrubium Vulgare) è una varietà erbacea perenne spontanea diffusa praticamente in tutta Italia, fatta eccezione della Pianura Padana. E’ riconoscibile per i fiori bianchi, le foglie ovali, picciolate, attraversata da nervature, con bordi irregolari e un aspetto rugoso. Non supera i 50-60 cm di altezza.

Deve il suo nome (in ebraico “mar” significa amaro e “rob” succo) al sapore amaro delle sue foglie. In realtà questo particolare sapore lo si attribuisce alla marrubina, una sostanza che conferisce alla pianta le proprietà mucolitiche ed espettoranti, oltre che depurative per fegato e reni.

Le parti utilizzate della pianta sono fiori e foglie che però vanno utilizzate esclusivamente da essiccate, in quanto da fresche possono generare dermatiti da contatto.

Se ne sconsiglia l’uso in gravidanza e in allattamento, se affetti da gastriti, o ulcera peptica. Prima di intraprendere qualsiasi cura, anche mediante rimedi naturali, chiedere consiglio al medico curante.

Si ricorda inoltre che prima di raccogliere ed utilizzare una qualsiasi varietà spontanea bisogna essere certi dell’identificazione perché naturale non significa innocuo!!! In natura ci sono tante piante velenose o tossiche. Inoltre potrebbe rientrare tra le specie protette e raccogliere anche un solo esemplare potrebbe compromettere l’esistenza di una varietà rara in via di estinzione. Ancora, dopo essersi accertati dell’identità della pianta e quindi anche della possibilità di raccoglierla, è sempre buona norma non danneggiarla, prelevare solo il fogliame, per consentirle di continuare a vivere e crescere.

Dopo questa doverosa precisazione, passiamo alla preparazione dello sciroppo di marrubio.

Occorrente :

  • Un cucchiaio di foglie e fiori di marrubio precedentemente essiccati
  • 1 tazza di acqua
  • mezza tazza di miele

Preparazione:

Come già detto, il marrubio va utilizzato solo dopo essiccazione. Il periodo di raccolta è da Maggio a Settembre. Si prelevano le foglie e i fiori, facendo attenzione a lasciare integro il fusto, così la pianta continuerà a dare nuove foglie.

L’essiccazione può essere fatta al sole, in essiccatore o al forno per qualche minuto ad una temperatura bassa: purtroppo molti forni partono direttamente da 60°. L’ideale sarebbe intorno ai 40°.

Dopo aver essiccato il marrubio, lo si lascia in infusione in acqua bollente per circa 10-15 minuti. Si filtra e si aggiunge all’infuso ancora tiepido il miele così da farlo sciogliere bene. Il miele in questa preparazione alla duplice funzione di dolcificante, in quanto il marrubio è molto amaro e di antibatterico naturale. Si fa raffreddare del tutto riponendolo in un contenitore ermetico o una bottiglia e si conserva in frigo per qualche mese.

All’occorrenza, in caso di tosse grassa, mal di gola e raffreddamento in generale, si assumono 4 cucchiai nell’arco della giornata.

Il marrubio può essere anche coltivato addirittura in vaso, considerate le ridotte dimensioni.

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Oro , incenso e mirra : i doni della natura che curano

Il 6 Gennaio  si festeggia l’Epifania , ovvero la visita dei Magi al Bambin Gesù , portando in dono oro , incenso e mirra .
Dietro la simbologia di ciascun dono (l’oro simboleggia la regalità del Bambino nato , l’incenso ricorda la sua divinità ; la mirra, usata perlopiù durante le mummificazioni , rappresenta il sacrificio e la morte di Gesù uomo ) , in realtà si nascondono dei rimedi naturali tuttora molto validi .

INCENSO – L’incenso, conosciuto soprattutto per il suo uso durante le cerimonie religiose e funebri, viene estratto dalla Boswellia, una pianta dell’antica medicina ayurvedica. Secondo diverse ricerche scientifiche , in questa resina sono presenti numerose sostanze dotate di attività antinfiammatoria. La Boswellia si utilizza ormai da molti anni, ottenendo buoni benefici, nei pazienti con colite ulcerosa, morbo di Crohn o altre malattie croniche a carico dei bronchi come delle articolazioni.

MIRRA – La mirra tra i doni dei Magi è forse la sostanza più misteriosa e meno conosciuta , molti neppure sanno cosa sia esattamente . Si tratta anche in questo caso di una resina ricavata però da una pianta tipica della penisola arabica, Mesopotamia e India . Nell’antichità si usava soprattutto per la pratica della mummificazione . Molti sono gli studi fatti sul meccanismo di azione di alcune sostanze chimiche presenti in questa resina, sui recettori per gli oppioidi, spiegandone così le capacità analgesiche , antinfiammatorie ed antisettiche . Quindi si rivela particolarmente utile nella cura di gengiviti, afte, peridontopatie e nella terapia di ferite e ulcerazioni cutanee.

ORO – Molto probabilmente non si trattava del prezioso metallo , ma dell’altrettanto preziosa polvere di Curcuma , color oro appunto, proveniente sempre dall’Oriente, pregiata sia in cucina, che nella medicina. Oggi sappiamo che la Curcuma è una preziosa alleata della salute per le proprietà antiossidanti particolarmente attive contro i fenomeni infiammatori cronici . Usata sempre più di frequente nella cura della psoriasi e da infiammazioni croniche intestinali o reumatiche .

 

“Miele” (sciroppo) di tarassaco: un toccasana per la tosse

miele ( sciroppo) di tarassacoAbbiamo parlato ampiamente del tarassaco nei precedenti post, ricordando che è un’erba spontanea tanto diffusa quanto versatile. Colonizza indiscriminatamente campi, giardini, ma anche i margini delle strade o fessure di muri. Viene ritenuto addirittura infestante, ma in realtà considerata l’abbondanza e la diffusione, è bene anche ricordare che ha molteplici proprietà. E’ innanzitutto diuretico, tanto da guadagnarsi il nome di “piscialetto”! E’ depurativo, lassativo, soprattutto in base alle parti usate. Infatti del tarassaco non si butta nulla: si utilizzano le foglie, le radici e finanche i fiori, sia quando sono ancora dei boccioli (vedi Capperi di Tarassaco), o sbocciati, come nella ricetta del miele che andremo a vedere.

In questo post riprendiamo una ricetta tratta dal libro “Vivere in 5 con 5 € al giorno ” di Stefania Rossini  che prevede l’utilizzo proprio dei fiori del tarassaco per preparare un miele vegano (in realtà uno sciroppo, chiamato da qualcuno anche ‘marmellata di tarassaco’) da utilizzare in caso di tosse, sfruttandone il potere fluidificante. Infatti la tosse non è un vero e proprio malanno di stagione, ma una forma di difesa che il corpo utilizza per liberare le vie aeree e lo sciroppo agisce fluidificando i muchi.

Occorrente :

  • 400 g di fiori di tarassaco (solo la parte gialla)
  • 1 kg di zucchero
  • 2 limoni biologici, non trattati

Prelevare solo la parte gialla del fiore, lavare bene e portate in ebollizione in 1.25 litri di acqua per 2 ore con i due limoni tagliati a fette.
Far raffreddare, aggiungere lo zucchero e cuocere per altre due ore a fuoco basso.
Versare lo sciroppo ancora caldo nei vasetti precedentemente sterilizzati, chiudere bene il tappo e capovolgere per creare il sottovuoto.

Prima di assumere il tarassaco, sotto forma di sciroppo, tisana o in qualsiasi altro modo, bisogna esser certi di non essere allergici, soprattutto ai pollini. In questo caso ovviamente se ne sconsiglia l’uso.

La fioritura del tarassaco è molto lunga: inizia da Marzo e si prolunga fino a Novembre. Quindi non mancano le occasioni per raccoglierli, possibilmente in zone lontane dallo smog, meglio ancora se in montagna o comunque zone incontaminate. E, se proprio non si riesce a reperirlo, lo si può coltivare con estrema facilità.

 

 

 

Le consociazioni vegetali: l’unione fa la forza!

 

Tabella delle consociazioni vegetaliLa coltivazione di determinate tipologie di piante abbinate con criterio apportano benefici reciproci in termini di fertilità e prevenzione dei parassiti .

Nel caso, ad esempio, di legumi (piselli, fagioli, ecc..)e ortaggi da “radice” (carota, ravanello, rapa), esiste un rapporto molto stretto. Tra le radici dei legumi sono presenti dei batteri (azotofissatori) che trasformano l’azoto ( un elemento indispensabile per sopravvivenza delle piante ) da gassoso a solido. La disponibilità di azoto chiaramente rende il suolo più fertile non solo per i legumi, ma anche per tutte le altre piante circostanti . Le verdure cosiddette da ” radice”, che hanno proprio una notevole necessità di azoto per crescere, ovviamente traggono benefici in consociazione con i legumi.

Tutte le liliacee (aglio, cipolla, porro, ecc.) hanno un effetto repellente contro gli acari e gli afidi, non a caso spesso si usano in giardino vicino alle rose e intervallate nelle altre colture .

Tuttavia , come possiamo vedere anche nello schema , le consociazioni non si istaurano solo tra ortaggi, ma anche tra ortaggi ed aromatiche o addirittura tra ortaggi e fiori.

A proposito delle aromatiche , praticamente tutte allontanano i parassiti. Nel caso dell’aneto, ha un ruolo fondamentale nella prevenzione degli attacchi di afide nero: seminato tra due filare di fave ( molto colpita da questo parassita ), l’aneto respinge l’afide nero. Esplica la stessa azione anche su tutte le altre piante sensibili a questo temibile parassita. Inoltre allontana anche gli acari.

Tra i fiori ricordiamo la calendula (Calendula Officinalis) e il tagete.

La Calendul , oltre ad essere un fiore esteticamente molto gradevole e largamente usato in erboristeria per le proprietà calmanti, blandamente antisettiche e depurative ( leggi anche Oleolito di Calendula ), ha la capacità di allontanare alcuni parassiti del pomodoro e delle rose. Coltivata, ad esempio, tra le patate, le protegge dai nematodi.

Il tagete, invece, è efficace contro i nematodi ed è un potente insettifugo.
Trapiantato in mezzo ai filari di pomodoro, respinge alcune specie di insetti tra cui gli aleurodidi (insetti dannosi). Inoltre le radici producono una sostanza repellente per i nematodi che, addirittura, persiste nel terreno per tre anni.

Come prolungare la vita dei fiori recisi

bouquet<< Se ami un fiore, non raccoglierlo. Perché se lo raccogli, esso muore e cessa di essere ciò che amavi. >>

Partendo dalle sagge parole di Osho, concordiamo tutti sulla bellezza di un fiore non reciso, ancora sulla sua pianta. Tuttavia può capitare di riceverli in dono e di voler conservare questo gradito omaggio quanto più a lungo possibile.

Ci sono pochi semplici accorgimenti da non trascurare. Bisogna immergere il bouquet in acqua il prima possibile. Immergere solo metà del gambo, in quanto l’acqua da una parte idrata, ma dall’altra favorisce i processi di marcescenza. A tal proposito l’acqua deve essere sempre pulita. E’ fondamentale rimuovere le foglie nelle parti basse dei gambi che andranno in immersione, perché sono le prime parti a marcire.

Anche tagliare frequentemente i gambi con forbici ben affilate in modo obliquo favorisce un miglior assorbimento dell’acqua, prolungando la freschezza dei fiori. Per ridurre la prolificazione dei batteri e le muffe che favoriscono la marcescenza dei fiori si consigli anche di inserire nell’acqua un antibatterico naturale come l’aceto (un cucchiaio per ogni litro d’acqua) o in alternativa poche gocce di candeggina o mezza pasticca di aspirina (anche scaduta), ma i vantaggi non compensano i danni ambientali di queste sostanze, quindi ne sconsigliamo l’uso. Chiaramente il calore velocizza i processi di deterioramento dei fiori, quindi sarebbe preferibile conservare i fiori lontano da fonti di calore.

Ma se prolungare la vita dei fiori recisi non basta, ma l’intenzione è quella di conservarli nel tempo, si possono adottare diverse tecniche.

La più utilizzata è l’essiccazione a testa in giù del bouquet come si farebbe con un mazzetto di aromatiche, disponendolo in un luogo fresco ed asciutto per qualche mese. In alternativa si possono essiccare pressandoli in una pila di libri o in un’apposita pressa. Oppure immergendo i fiori e le foglie in un agente essiccante naturale come la sabbia. O, ancora, utilizzando l’essiccatore o il forno a basse temperature.

Tutti i tipi di essiccazione annoverate finora sono naturali, ma hanno l’inconveniente di non preservare la brillantezza dei colori.

A onor del vero, ci sono anche metodi casalinghi non naturali, come l’uso della glicerina o del gel di silice, ma li sconsigliamo. I fiori che subiscono il trattamento con la glicerina sono chiamati “fiori stabilizzati” perché mantengono inalterate le caratteristiche del fiore per anni (colori, profumi e consistenza), come una sorta di imbalsamazione e non sono nemmeno compostabili!

 

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