Ecosia: affidabilità e funzionamento del motore di ricerca green

Il motore di ricerca ecologico non è un progetto recente. Anzi, ha all’attivo circa 10 anni di ricerche, in quanto lanciato nel 2009 e sviluppato con la tecnologia di Bing e Yahoo. Ecosia da sempre promette che tutti i ricavati (circa l’80 %) vengono sistematicamente reinvestiti nella riforestazione di zone come Brasile, Perù, Indonesia e Madagascar. In circa 10 anni di attività, il motore di ricerca green non ha mai avuto tanta popolarità come nelle ultime settimane. Questo sicuramente grazie al grande lavoro di sensibilizzazione di Greta Thumberg, ma anche a causa dell’emergenza incendi in Amazzonia. Ecosia, infatti, ha provato a rilanciare il progetto come rimedio pratico ai danni subiti dal polmone verde della terra.

Fin dal lancio del motore di ricerca la domanda che si è posto l’utente medio è <<Ecosia fa realmente quello che promette o è solo una bufala?>>

Andando per gradi, spieghiamo bene cos’è, come funziona e cosa fa Ecosia.

Cos’è e come funziona Ecosia

Ecosia nasce come motore di ricerca che vuole sfidare (o almeno ci prova) Google, a colpi di alberi piantati in giro per il mondo. Tuttavia di base c’è un equivoco. Ecosia, come tutti i motori di ricerca, guadagna non dal numero di ricerche, ma dal numero di click che l’utente fa sulle pubblicità degli inserzionisti. Quindi dire che più si fanno ricerche su Ecosia, più saranno gli alberi piantati non è tecnicamente corretto. Infatti negli anni le informazioni al riguardo sul sito sono state via via modificate: inizialmente avevano indicato un guadagno medio di 0,13 € per ricerca, poi un albero piantato per ogni 45 ricerche. Ad oggi invece, spinti dalla richiesta da parte degli utenti di una maggiore trasparenza, è esplicitamente scritto che le pubblicità legate alle ricerche generano introiti.

Se da una parte effettivamente è stato dimostrato che negli anni i proventi, o buona parte, siano stati investiti nell’istallazione di più di 75 milioni di alberi (dati autodichiarati da Ecosia, ma confermati dal WWF, partner del progetto), dall’altra la piattaforma si alimenta al 100% con fonti rinnovabili, riducendo anche le emissioni di anidride carbonica. Dunque i fondatori di Ecosia sono riusciti a rendere ecofriendly anche una tecnologia notoriamente poco sostenibile.

Ecosia può essere utilizzato online attraverso il dominio www.ecosia.org, oppure come estensione di Chrome (cliccando sul tasto in home) e anche con l’app dedicata scaricabile dal sito o dai marketplace.

Ecosia è una bufala o una bella realtà?

In conclusione trovare aspetti negativi in Ecosia sembra difficile. Molti sollevano il dubbio che per essere un’azienda a fine di lucro, gli introiti sono troppo bassi per essere anche tutto vero quanto dichiarato. La spiegazione probabilmente risiede nella gestione della startup, con sede in Germania e dai pochissimi dipendenti, circa 6-7. Quindi a differenza di Google, pur dovendo fronteggiare spese e sostentamento, riesce a sopravvivere anche solo con il 20% delle entrate perché spesso ‘piccolo è meglio’! Dunque lasciare gli altri motori di ricerca per un’alternativa più attenta alle problematiche ambientali è un piccolo cambiamento che può generare grandi risultati.

 

 

Diserbante naturale: acqua e sale!

Le erbe infestanti rappresentano una vera spina nel fianco per chi si prende cura di un piccolo orto o di un giardino. Molte erbe spontanee sono utili ed anche edibili, ma non sempre.

Come già detto anche nel post sul risparmio idrico, la pacciamatura può essere un’ottima soluzione: isolare lo strato superficiale del terreno con materiale organico, tipo corteccia, sfalcio d’erba, o materiale inorganico minerale, come ghiaia o rocce laviche, impedisce alle infestanti di crescere a dismisura tra le piante coltivate. [Leggi anche “La pacciamatura“]

In un precedente post abbiamo anche affrontato il tema specifico delle infestanti, spiegando che ancora una volta la prevenzione è più importante del rimedio: dunque è fondamentale eliminare le piante infestanti prima che riescano a propagare i propri semi [Leggi anche “Il controllo delle infestanti” ]

Dopo queste doverose premesse, in aggiunta o alternativa alle strategie sopra elencate, si può utilizzare un diserbante completamente naturale e innocuo per l’ambiente e le persone composto da acqua e sale marino.

E’ sufficiente far sciogliere 80 g di sale ogni 4 litri d’acqua (dosaggio per 1 metro quadrato ) e versare la soluzione sul terreno umido: avrete un diserbante efficace, ma naturale. Ricordate che per un anno non potrete seminare nulla nella zona irrorata. 

Il sale può essere usato anche in purezza direttamente sul terreno umido alla base di piante particolarmente ostinate come il convolvolo che, pur avendo dei fiorellini molto graziosi, tende a soffocare come un cobra tutto ciò che incontra. Anche gli elateridi del frumento (insetti dannosi) non amano il sale marino, che può essere sparso sul terreno in ragione di 200 g /ara, senza tuttavia superare il dosaggio per non rischiare un diserbo totale.

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Libro ” Fertilizzanti e trattamenti naturali “ di Victor Renaud

 

Come combattere il caldo in maniera economica ed ecologica con tre piante rampicanti

L’importanza di avere un’abitazione energeticamente autosufficiente ormai è palese. Convertire edifici vecchi talvolta risulta davvero troppo oneroso e la soluzione ottimale è quantomeno limitare le dispersioni e gli sprechi energetici. Dalle ricerche ENEA, l’agenzia nazionale per nuove tecnologie, arrivano incoraggianti notizie su possibili metodi totalmente green per combattere il caldo e, al tempo stesso, riuscire a risparmiare anche in bolletta fino al 15%. Secondo una recente ricerca, infatti, è stato possibile dimostrare che, creando una copertura verticale ricoperta di piante rampicanti e isolando allo stesso modo anche i tetti, la temperatura interna dei locali può abbassarsi anche fino a 3 gradi, riducendo in estate il consumo elettrico impiegato dai climatizzatori del 15 %. I vantaggi di questa sorta di ‘cappotto vegetale’, tuttavia, non si limitano solo a combattere il caldo. In inverno, l’intercapedine tra la parete vegetale e il muro crea un effetto camino che trattiene la dispersione di calore e l’isolamento dall’umidità, riducendo anche in questo caso i costi di riscaldamento del 10%.

Altri vantaggi del ‘cappotto verde’

Un’idea tanto semplice quanto geniale, dunque, quella messa a punto dall’ENEA, ma, inaspettatamente, i vantaggi del ‘cappotto verde’ continuano. La riduzione dell’utilizzo di condizionatori inevitabilmente implica anche una minore produzione di anidride carbonica, metano ed altre emissioni pericolose per l’uomo e l’ambiente. Sorprendentemente una presenza maggiore di verde aiuta non solo adattenuare l’inquinamento acustico, ma anche gli affetti collaterali di un fenomeno sempre più frequente chiamato ‘bomba d’acqua’: abbondantissime precipitazioni concentrate in poco tempo. La vegetazione, in presenza considerevole, contribuisce ad assorbire il 50% delle precipitazioni piovane, in quanto forse non tutti sanno che ormai i tetti e i terrazzi rappresentano il 20% della superficie totale della città. Tutto ciò, senza considerare, ovviamente, anche un miglioramento della qualità dell’aria: basti pensare che 25 metri quadrati di vegetazione produce il fabbisogno di ossigeno di una persona e, al tempo stesso, 1 solo metro quadrato elimina circa 0,2 kg di particolato presente nell’aria che respiriamo.

Le piante più adatte per risparmiare e combattere il caldo

Non tutte le piante sono adatte a rivestire la copertura verticale o i terrazzi, o meglio, potenzialmente tutte possono farlo, ma non tutte lo fanno con un’efficienza ottimale allo scopo preposto. Esiste infatti un parametro oggettivo, la costante verde, che, se è uguale a zero, indica che la pianta non è capace di schermare la casa neutralizzando la radiazione solare. Invece, se è uguale ad 1, è adatta a rivestire la struttura verticale che costituisce il ‘cappotto verde’. Nel corso delle sperimentazioni, la pianta più schermante si è dimostrata la Pandorea Jasminoides variegata, una bellissima pianta sempreverde rampicante con fiori rosa e bianchi appartenente alla stessa famiglia della Bignonia. Leggermente al di sotto, in termini di efficienza, ma valutate comunque idonee, sono anche la Lonicera Hall’s Prolific, una varietà di caprifoglio, e la Parthenocissus quinquefolia (più nota come vite americana).

Nell’allestimento delle coperture verdi vengono impiegate tuttavia anche altre tipologie di piante, scelte in base all’esposizione al sole degli edifici, alla loro conformazione (tipo di tetto) e alla posizione geografica per fornire un prodotto finale con poche esigenze idriche e poca manutenzione.

L’ENEA organizza dei corsi gratuiti di formazione per la realizzazione delle coperture verdi rivolti ad agronomi, biologi, architetti, periti agrari e laureati in scienze naturali. Sicuramente è un’ottima occasione per creare nuovo lavoro ecosostenibile.

In prospettiva anche degli incentivi previsti dal “BONUS VERDE”, risulta utile approfittarne per convertire il proprio edificio o, perché no, provare in autonomia a realizzare il proprio “cappotto verde”.

 

Consigli utili per curare la stella di Natale evitandole una morte prematura

 

Ogni anno il regalo di Natale più frequente è proprio la Euphorbia pulcherrima,  nome scientifico della stella di Natale. Addirittura se ne vendono oltre 50 mila esemplari: vale a dire quasi un stella per ogni casa.

Ma perché regaliamo la stella di Natale?

L’euphorbia pulcherrima è una pianta originaria del Messico e secondo una leggenda locale si narra che una bambina molto povera, la notte di Natale, volendo portare un dono a Gesù in chiesa a dimostrazione della sua devozione, raccolse delle erbe spontanee che appena appoggiate sull’altare, si trasformarono in bellissime (da qui il nome di pulcherrima, che in latino significa proprio “bellissima”) stelle rosse. Pertanto regalare le stelle di Natale rappresenta un modo di dimostrare amore puro e disinteressato.

Come si curano le stelle di Natale evitando di farle morire ogni anno?

Gli errori più frequenti sono forse legate a due informazioni errate, o meglio, pregiudizi su questa pianta. Il primo è che la stella di Natale ami il freddo: in realtà, in quanto di origine messicana, come già detto, in natura vive in un clima mite. Dunque in inverno le stelle di Natale devono stare in un ambiente riparato, illuminato, tipo in casa, ma lontane dai termosifoni o fonti di calori secche e troppo forti (stufe, forni, ecc…). Il secondo pregiudizio è che quando perde le foglie stia morendo o abbia bisogno di essere bagnata: la perdita delle foglie da parte delle stelle di Natale è una fase del tutto naturale. Molte piante perdono in inverno il fogliame e si chiamano appunto caducifoglie. Dunque appena cadono le foglie, non bisogna darla per spacciata e buttarla via. Non ha nemmeno bisogno di acqua, in quanto non ama ristagni che causano la marcescenza delle radici e a quel punto è davvero irrecuperabile. Bisogna bagnarla solo quando il panetto di terra è completamente asciutto.

Dopo che la pianta ha svernato in casa o al riparo (si, bisogna tenersela così, senza foglie, bruttina e nodosa!), si potano eventuali rami secchi e quando il clima all’esterno lo consentirà, si può portare all’aperto e rinvasarla, ricordandosi di mantenerla in penombra, mai in pieno sole. Se si ha la fortuna di vivere in una zona con inverni miti, si può anche trapiantare in giardino dove, se trova tutte le condizioni ideali, può anche superare i 3 metri d’altezza.

Un trucco per accelerare la fioritura della stella di Natale

La stella di Natale è una brevidiurna: la fioritura è legata alla riduzione delle ore di luce del giorno. Infatti, in autunno fino a Dicembre le bratte (le foglie rosse che spesso si confondono per fiori) iniziano a cambiare colore, per raggiungere il culmine proprio in prossimità del Natale formando anche i veri fiori, ovvero le sfere gialline presenti al centro delle bratte ormai completamente rosse. Questo processo, del tutto naturale e spontaneo, può essere leggermente forzato posizionando la pianta al buio già da Ottobre dalle 15-16 del pomeriggio fino al giorno successivo.

Riflessione sulla sostenibilità della stella di Natale

Il settore florovivaistico a differenza da quello agricolo non è ancora del tutto sensibile alle problematiche ecologiche, ma d’altronde nemmeno l’agricoltura lo era fino a qualche decennio fa. Per rendere anche questo settore più attento alla sostenibilità, ancora una volta ha un ruolo cruciale il consumatore.

La coltivazione della stella di Natale non è affatto a basso impatto: richiede serre riscaldate per molti mesi l’anno e poche sono prodotte in Italiane, dunque aumentando con il trasporto il costo in termini di risorse ambientali.

Dunque la prossima volta che pensate di acquistare una stella di Natale, magari bisogna pensarci sopra un po’.

Come realizzare in casa una colla ecologica con farina ed acqua

Può capitare spesso di trovarsi nei momenti meno opportuni senza colla o di voler realizzare un progetto interamente biodegradabile e di non trovare mai il collante adatto.

Nella lista delle possibili “ricette” di colle ecologiche con ingredienti più o meno facilmente reperibili ci sono sicuramente quelle ottenute dalle farine: è possibile utilizzare praticamente tutte le farine, quindi di mais, di riso, di frumento o addirittura anche di legumi.

La preparazione è molto semplice: si mischiano a freddo le stesso quantità di acqua e di farina, dunque per ottenere un vasetto di medie dimensioni si utilizzano una tazza di acqua e una di farina. Bisogna mescolare bene per evitare la formazione di grumi. Si travasa il composto ottenuto in un pentolino e lo si porta ad ebollizione continuando a rigirare. Appena il composto ottiene una consistenza viscosa, ma non eccessivamente compatto, si può tranquillamente togliere dal fuoco.

La colla di farina a questo punto è pronta per essere utilizzata come una comunissima colla vinilica. Per la carta e il cartone è davvero insuperabile e non fa rimpiangere i collanti sintetici. Gli unici aspetti negativi della colla di farina sono la durata (è un prodotto altamente deperibile, quindi si consiglia di realizzarne piccoli quantitativi per volta e di conservarla in barattoli chiusi ermeticamente e di riporla in frigo) e la forza: per altri tipi di materiali, al di fuori di quelli cellulosici, non è altrettanto efficace.

Per prolungare lievemente la durata della colla si può inserire un cucchiaino di sale prima della cottura. Ad ogni modo, se opportunamente conservata, si può mantenere bene per un paio di mesi. Se mostra segni di muffa, ingiallimento o altre mutazioni, è preferibile compostarla.

Un’altra colla da realizzare da soli con ingredienti che comunemente tutti hanno in casa è la colla caseina o colla di latte. Si può realizzare anche con latte scaduto.

Per realizzare la colla di latte occorrono:

  • 200 ml di latte
  • 1 cucchiaio di aceto
  • 1 cucchiaio e 1/2 di bicarbonato

Versare il latte in un pentolino e scaldarlo senza però portarlo ad ebollizione. Aggiungere l’aceto continuando a mescolare. L’aceto oltre a favorire la conservazione, ha il potere di far addensare il latte e dunque un’eventuale formazione di grumi o separazione del siero dalla parte solida del composto non è un problema, in quanto il tutto va filtrato ed è proprio la caseina (la parte solida) così ottenuta che conferisce il potere adesivo alla colla. Unire la caseina al bicarbonato, ad un bicchiere di acqua tiepida e riscaldarlo nel pentolino ancora per qualche minuto. Conservare in un barattolo e spalmare sulle parti da incollare con un pennello.

Per attivarsi deve essere tiepida. Molto più forte della colla di farina, può incollare anche il legno. Tuttavia essendo completamente naturale, senza additivi o conservanti, deperisce altrettanto presto come la colla di latte.

Per concludere il discorso delle colle ecologiche ottenute da materie prime biodegradabili, annoveriamo anche la colla ottenuta da resina di pino e carbone. Gli ingredienti in questo caso sono più difficili da reperire ed anche la preparazione è più lunga, tuttavia risulta essere un collante molto più resistente di tutti quelli elencati finora. Per realizzare la colla di resina bisogna sciogliere la resina a fuoco lento ed unire in parti uguali carbone finemente polverizzato e la resina liquida. Il risultato è una pasta morbida nera che riscaldata si ammorbidisce e può essere spalmata sulle zone da incollare.

Argilla: proprietà ed usi

Quando si parla di argilla, nell’immaginario collettivo si pensa subito alle maschere. In realtà questo preziosissimo dono della natura di origine minerale è incredibilmente versatile e si presta a moltissimi impieghi.

Infatti l’argilla in polvere che, appunto, utilizziamo in cosmesi per realizzare le maschere, è la stessa che viene utilizzata per la produzione di ceramiche, o in campo floro-vivaistico per produrre l’argilla espansa. Addirittura in agricoltura biologica l’argilla, nella variante bianca (caolino), viene utilizzata, diluita con acqua e spruzzata sugli alberi per proteggerli dalle mosche delle olive, dai danni del sole e prevenire la cascola, ovvero la caduta prematura delle gemme. Anche la cosiddetta “sabbietta” della lettiera dei gatti altro non è che argilla.

Ma che cos’è l’argilla?

In termini strettamente geologici, è una famiglia di minerali presenti in natura con una granulometria molto ridotta, dall’aspetto per così dire polveroso, caratterizzata da due principali aspetti: elevata assorbenza e, se idratata, formare una massa plastica molto compatta.

In un contesto cosmetico, le argille più usate sono la bianca, costituita da caolino, la verde (bentonite) che si suddividono in base alla granulometria in macinata grossa, macinata fine, e ventilata.

La più versatile è la ventilata, adatta sia ad un uso interno che esterno.

Ebbene sì, oltre alle maschere, dell’argilla se ne può fare anche un uso interno. Per la precisione si può realizzare una bevanda a base d’argilla, sciogliendo un cucchiaio raso di argilla in un bicchiere di acqua fredda. Si lascia sedimentare per una notte e si beve solo l’acqua, lasciando l’argilla sul fondo. Non è piacevolissima come bevanda, soprattutto le prime volte. Tuttavia è molto depurativa ed indicata nei periodi di stress e cattiva alimentazione.

Per gli amanti dell’autoproduzione, con l’argilla si può realizzare anche un dentifricio in polvere, come ben spiegato nel libro “Io lo so fare ” di Mariella Correggia. Occorrono un barattolino di vetro, 3 parti di argilla bianca, 1 parte di bicarbonato, qualche foglia essiccata di menta o salvia, opzionale qualche goccia di olio essenziale. Si mescola il tutto e si applica sullo spazzolino all’occorrenza.

E per concludere, un ultimo utilizzo dell’argilla come smacchiatore dei tessuti: si applica direttamente sulle macchie e la si lascia agire. Grazie al suo potere assorbente, eliminerà ogni alone. Sarà sufficiente lasciar asciugare e spazzolare via l’argilla.

Dove acquistare l’argilla bianca:

—->> http://www.ifioridelbene.com/ecocosmesi/82-argilla-bianca-caolino-100-g.html

Dove acquistare l’argilla verde:

—->> http://www.ifioridelbene.com/ecocosmesi/81-argilla-verde-fine-200-g.html

Spunti di coltivazione urbana in piccoli spazi

La coltivazione per così dire “urbana” , sfruttando piccoli spazi con adeguate condizioni di luminosità , è andata ben oltre la moda o una tendenza passeggera . Negli ultimi anni , infatti , è diventata una consuetudine dettata da svariate esigenze : il risparmio , la voglia di autosufficienza , la necessità di un cibo più naturale , ma anche il bisogno di conoscere i cicli vitali e la stagionalità del cibo .

La domanda più ricorrente dei detrattori dell’orto urbano è << Un pomodoro cresciuto nello smog è più sano di quello da serra ? >> .

Dal momento che il fenomeno dell’orto sul balcone è mondiale , sono stati fatti degli studi in varie nazioni . Le più approfondite risultano quelle da un’università tedesca che ha evidenziato che effettivamente coltivare in città può contaminare gli ortaggi con metalli pesanti derivati dai gas di scarico delle auto , ma che , tuttavia , a confronto con gli ortaggi ottenuti da coltivazione intensiva , risultano essere comunque meno contaminati da altre sostanze ugualmente dannose , quali concimi chimici o pesticidi .

In definitiva , è preferibile coltivare in città solo se si ha la possibilità di essere lontani da centri con intenso traffico . Inoltre quello stesso smog che contamina i “pomodori cittadini” è presente anche nell’aria che respiriamo . Dunque il problema non è l’orto urbano , il vero problema è lo smog !

L’orto sul balcone , in realtà , aiuta anche l’ambiente , aumentando la quota urbana di verde , oltre a ridurre anche , indirettamente , tutti gli imballaggi e la benzina che ne deriverebbe dal trasporto del pomodoro acquistato al supermercato .

Quindi più che evitare l’orto sul balcone , iniziamo ad evitare l’auto quando possibile .

Parlavamo di adeguata luminosità degli spazi urbani dove coltivare , infatti è possibile sfruttare balconi , davanzali , tetti , verande , purché si sfrutti al meglio lo spazio a disposizione e si rispettino le esigenze delle piante (illuminazione in primis  , ma anche il tipo di terriccio e le necessità idriche )

La scelta delle varietà da coltivare :

In base all’esposizione del balcone e alla luminosità  , si può stabilire la varietà di pianta più adatta da coltivare , ricordando che per una buona produzione ( fiori o ortaggi ) , ciascuna pianta necessita di almeno 6 ore di luce , al di sotto i risultati saranno scarsi .

Se il balcone è soleggiato , ovviamente , non c’è nessun tipo di limitazione . Mentre se si tratta di un balcone ombroso , è possibile coltivare principalmente le lattughe da taglio e le aromatiche .

Ad ogni modo sono da privilegiare piante a ciclo vitale breve, ovvero che possono essere raccolti dopo 30-60 gg dalla semina , quali lattuga , valeriana ,spinacio , indivia e rucola . O in alternativa ortaggi da radice , quali carote , ravanelli , barbabietole , avendo l’accortezza di usare vasi o contenitori più profondi e poi via libera anche a pomodori , peperoni , melanzane , zucchine e tutte le aromatiche .

Chi coltiva l’orto , che sia urbano o no , spesso si lamenta di avere una quantità spropositata dello stesso tipo di ortaggio per breve tempo . La soluzione è la semina “a scalare” che consente di avere meno ortaggi per periodi più lunghi : è sufficiente seminare poco , ma più spesso .

Ad esempio , la nostra confezione di spinaci contiene 15 g di semi . Utilizzando il contenuto in un’unica volta , il risultato è tanta verdura (di gran lunga superiore alle reali esigenze di una famiglia) , ma per poco tempo . Tuttavia seminando , ad esempio , 5 g ogni 2 mesi , è possibile raccogliere spinaci sempre freschi e nella quantità realmente necessaria per un periodo più lungo . Tuttavia , in caso di esuberi , i vicini di casa li appezzano volentieri o , in assenza di persone a cui regalarli , ci sono vari modi per conservarli : sottolio , sotto sale o essiccando .

Lo spazio :

Per sfruttare al meglio tutto lo spazio a disposizione , si fa ricorso a vasi con ganci al soffitto , fioriere con graticci che hanno anche la doppia funzione di sostegno per le rampicanti , utilizzando sia lo spazio interno che quello esterno al balcone , tenendo sempre presente la sicurezza in caso di vento o temporali , durante i quali è sempre preferibile riportare tutto all’interno . Fondamentale è disporre le piante su altezze differenti , in modo tale da non farsi ombra a vicenda . In commercio si trovano delle strutture studiate appositamente per creare delle gradinate per i vasi , ma in realtà possono andar bene anche vecchie cassette della frutta , disposte al di sotto dei vasi in maniera tale da creare i dislivelli .

Dunque usare tutto  lo spazio , soprattutto in altezza , ricorrendo eventualmente anche a mensole , scaffalature o vecchie librerie riportate a nuova vita .

Per chi ne ha la possibilità , si può usare anche il davanzale di una finestra ben illuminata come serra ,  isolando il vano con un pannello di plexiglas trasparente , per evitare la dispersione di calore .

N.B.:Prima di inserire le piante nella “Finestra-serra” , è buona norma testare la temperatura che non deve superare i 25 ° C , inoltre l’esposizione non deve essere mai diretta , altrimenti più che una serra , avrete costruito un forno solare , che ha comunque i suoi pro , ma non in questo frangente .

Il terriccio :

Per la coltivazione in vaso , sia di ortive che di piante da fiore , si consiglia l’utilizzo di una miscela di terriccio , composta da torba , terriccio universale ( salvo esigenze specifiche di acidità ) , argilla espansa , sassi ,  ecc..: tale miscela , con un’adeguata stratificazione nei vasi , favorisce la fuoriuscita dell’acqua in eccesso e un’adeguata circolazione dell’aria , entrambi fattori importanti per la prevenzione di muffe e marcescente . A proposito della stratificazione , è buona norma disporre sul foro del vaso cocci o sassi per evitare la dispersione della terra non ancora compatta . Poi si dispone l’argilla espansa e la miscela di torba e terriccio , mista a compost maturo che , oltre ad essere un ottimo ammendante ( migliora , cioè , la struttura del terreno , rendendolo meno compatto ) , lo arricchisce di elementi della fertilità .

L’irrigazione :

L’irrigazione è il cruccio di tutti i neofiti del giardinaggio , in quanto non esistono regole fisse per stabilire quante volte in un dato lasso di tempo occorre irrigare , perché le variabili sono tantissime . Molto infatti dipende dall’esposizione al sole del balcone , dalla varietà della pianta e dunque dalle sue esigenze , dall’ampiezza e dal materiale del vaso ( la terracotta traspira molto rispetto alla plastica che , invece , trattiene molto di più l’acqua ) e dalla stagione . In linea di massima , in estate può essere necessario annaffiare anche tutti i giorni , se il terriccio appare arido e la pianta sofferente (preferibilmente al mattino o nel tardo pomeriggio) . In inverno , invece , si possono diradare o addirittura sospendere , in caso di piogge .

Ad ogni modo , i danni di un’irrigazione eccessiva sono irrimediabili perché generano marcescenze al livello radicale , dunque sono visibili solo quando ormai è troppo tardi , mentre invece la carenza di acqua si manifesta subito con la perdita di turgidità delle foglie e si può rimediare in pochi minuti annaffiando .

Nel dubbio , dunque , meglio stare un po’ indietro con le irrigazioni e consigliamo anche di leggere il post su come risparmiare acqua in giardino , dal momento che l’acqua è un bene prezioso .

Caldo e freddo :

Le radici delle piante in vaso sono molto più esposte agli sbalzi di temperatura rispetto a quelle coltivate in piena terra , dunque la pacciamatura , ovvero l’isolamento delle radici è fondamentale . Ne abbiamo già parlato molto approfonditamente nel post ” La pacciamatura ” , dove spieghiamo i vantaggi e i materiali da utilizzare .

Impollinazione :

Molto spesso chi coltiva ortaggi come cucurbitacee ( zucchine , zucche , cetrioli , ma anche la luffa o le lagenarie ) si lamenta che i fiori delle loro piante , dopo qualche giorno dalla fioritura , cadono senza dar vita ai frutti . Questo accade perché non c’è stata l’impollinazione che di solito avviene ad opera di insetti o anche del vento . In questi casi , l’impollinazione deve essere manuale , utilizzando un pennellino , o lo stesso fiore .

 

Potrebbe interessarti anche la nostra sezione interamente dedicata ai prodotti per sfruttare al meglio lo spazio , come fioriere verticali , orti pensili e fioriere con griglie :

Visita —> Categoria ” Orto sul balcone

 

 

Biscotti in barattolo con taglia biscotti – idee regalo di Natale

Come detto nel post precedente [ Sali da bagno e scrub fatti in casa : piccoli regali home made per Natale ] i regali fatti in casa hanno un valore aggiunto, il tempo di chi li ha realizzati.

Oggi proponiamo un’altra idea molto carina, soprattutto perché si può personalizzare interamente. La ricetta e gli ingredienti nel barattolo, infatti, verranno scelti in base ai gusti, alle eventuali intolleranze o scelte etiche di chi lo riceverà. Se, ad esempio, l’amico celiaco si lamenta perché è stufo di mangiare sempre gli stessi biscotti, farete una ricerca per realizzare dei nuovi biscotti senza glutine. Oppure, avete un vostro “cavallo di battaglia” in cucina e volete condividerlo con qualcuno che di sicuro apprezzerà, ora potete farlo in modo davvero originale. Dunque quest’idea  non è solo uno scambio di oggetti, ma soprattutto di sapori e saperi.

Occorrente:

  • un vasetto per conserve da 1 litro
  • ingredienti secchi a scelta per realizzare la vostra ricetta
  • nastri
  • formina taglia biscotti o altro accessorio da cucina

Procedimento :

Dopo aver selezionato la ricetta da condividere  più adatta all’amico che riceverà il dono (quindi non necessariamente biscotti), pesare gli ingredienti secchi (farine, zucchero, cacao, scaglie di cioccolato, cereali, ..ecc..) e disporli a strati nel recipiente. La disposizione a strati è più una scelta estetica, che pratica: all’aspetto sarà più gradevole vedere e riconoscere gli ingredienti inseriti.
Confezionare il vasetto e allegare la ricetta, specificando che gli ingredienti umidi dovranno essere inserirli al momento.

Noi abbiamo proposto una taglia biscotti tra gli accessori, ma in realtà il vaso può essere arricchito con altri accessori, come una frusta, un cucchiaio in legno, un timer per il forno, delle presine.. insomma, tutto ciò che può risultare utile e gradito.

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Sali da bagno e scrub fatti in casa: piccoli regali home made per Natale

Regalare a parenti ed amici il nostro tempo è forse l’unico regalo che non ha valore. Il fai-da-te, infatti, richiede tempo, dedizione e passione e chi scarterà un regalo realizzato “su misura” di certo apprezzerà tanto impegno, soprattutto se si tratta di un regalo originale ed anche molto utile.  I sali da bagno o lo scrub saranno sicuramente apprezzati da quelle amiche attente alla cura della pelle nel rispetto dell’ambiente. Infatti gli “ingredienti” sono del tutto naturali, mentre il confezionamento può essere anche interamente di recupero. I sali da bagno forse non sono adattissimi proprio a tutti come regalo, a meno ché non si sia un amante del genere. Mentre lo scrub farà letteralmente impazzire chi lo riceverà.

Occorrente:

  • barattoli vetro con chiusura ermetica
  • nastri
  • stoffa

Per i sali da bagno:

  • Sale marino grosso 
  • Bicarbonato di sodio 
  • Oli essenziali 
  • Colorante alimentare liquido (opzionale)

Procedimento

In una grande ciotola, mescolare 9 parti di sale marino grosso e 1 parte di bicarbonato di sodio. Aggiungere qualche goccia di oli essenziali. 
Per un effetto più trendy, si può aggiungere anche qualche goccia di colorante alimentare, o, nel rispetto del tema “green”, usare coloranti naturali come il succo della barbabietola o degli spinaci. 
Riponendo il sale nei barattoli, si possono inserire anche petali di fiori o rametti di aromatiche.

Per lo scrub:

  • Sale grosso o zucchero di canna( lo zucchero è più delicato )
  • olio di mandorle
  • olio essenziale

Procedimento

Mescolare 1 parte di sale ( o di zucchero) e 2 di olio di mandorle. Unire qualche goccia di olio essenziale a scelta e mischiare per ottenere un composto omogeneo dalla consistenza granulosa. Riporre il composto nei vasetti.

I vasetti una volta riempiti, possono essere decorati con nastri, stoffa o quant’altro, in base ai gusti e alle disponibilità. Si possono aggiungere etichette o biglietti con la composizione del prodotto e sull’utilizzo. Anche i nastri e i veli o i sacchetti delle bomboniere qui vengono in soccorso per arricchire ulteriormente il confezionamento.

Se ti è piaciuto quest’idea, leggi anche Biscotti in barattolo con taglia biscotti, un altro spunto per realizzare dei regalini home made per un “Green Christmas” davvero speciale.

Compostaggio: come si prepara e quali sono i vantaggi del compost

compostaggio

Nell’ambito dell’agricoltura biologica, il compost (o la composta) è il modo più intelligente per concimare in modo naturale il terreno e, al tempo stesso, smaltire l’umido ed anche i residui della manutenzione dell’orto (rami e fogliame dopo le potature, sfalcio d’erba ..ecc..).

Per chi ha la fortuna di avere un grande giardino/orto, si può propendere per un compostaggio in cumulo: il materiale viene stoccato in cumulo in una zona dedicata dell’orto.

In alternativa, si può procedere con una comune compostiera, addirittura anche sul balcone. In commercio ne esistono di varie dimensioni in base alle esigenze: se state pensando, ad esempio, di intraprendere un’iniziativa di compostaggio condominiale, si consiglia una compostiera non inferiore ai 600 litri .

Il materiale compostabile si distingue in secco e fresco.

Per secco s’intendono rametti, foglie, paglia, erba appena tagliata,  carta e cartone (quest’ultimi compostabili, ma in piccole quantità, da evitare se si ha il dubbio che possano contenere collanti o prodotti chimici come sbiancanti). Per fresco s’intendono gli scarti di frutta, verdura, gusci di uova, filtri di te, caffè. Si distinguono in queste due categorie perché possibilmente andrebbero stratificati: l’umidità costante è una delle condizioni base per favorire il naturale decomporsi del materiale. Nel caso di una composta troppo secca, occorre letteralmente annaffiare la compostiera periodicamente, soprattutto in estate. Viceversa se troppo umida, aggiungere terra per asciugarla.

Per quanto riguarda scarti di cucina cotti molto unti, olio, grassi, prodotti di origine animale, come carne, pesce, ossa, lische (fatta eccezione per i gusci di uova) se ne sconsiglia l’impiego nel compost, in quanto sprigionano un cattivo odore e attirano insetti e ratti. Un discorso a sé è doveroso sulle uova: da una parte impiegano tantissimi mesi per degradarsi (infatti si consiglia di inserirle nella compostiera sbriciolandole), da un’altra parte sono importantissime, in quanto sono ottima fonte di calcio.

Le altre condizioni base per un compostaggio ottimale sono:

  • Calore: durante la maturazione del compost (processo che dura dai 3 agli 8 mesi) la temperatura si alza. Se l’ambiente circostante ha 25 °C, quella interna al cumulo raggiunge i 40 ° C, mantenendosi costante per mesi. Successivamente s’innalza a 60 °C, determinando una sorta di pastorizzazione, durante il quale avviene la morte dei patogeni come larve, semi di infestanti e insetti dannosi . Dopo questa fase, la temperatura si abbassa. Sarebbe buona norma controllare che la temperatura non s’innalzi troppo con l’ausilio di termometri  appositi per non degradare così tanto la materia da pregiudicare anche il valore fertilizzante.
  • Buona areazione: nella composta umida e troppo compatta, non circola ossigeno. In assenza di ossigeno prendono il sopravvento batteri anaerobi e muffe che, invece di degradare, trasformano la composta in ricettacolo di malattie per le colture. Dunque periodicamente il cumulo va rivoltato.

A proposito dei batteri presenti nella composta, c’è da specificare che la decomposizione avviene proprio per merito di una serie di microrganismi , fautori di questo miracolo. In commercio esistono dei preparati composti da un miscuglio di questi funghi, lieviti, ed enzimi che accelerano la decomposizione del materiale organico presente nelle compostiere o in cumuli all’aperto: tali attivatori sono completamente innocui per gli animali e per l’uomo ed accettati all’interno del metodo biologico.

Al fine di rendere ancora più rapido il processo di degradazione, anche la riduzione del materiale compostabile in particelle quanto più piccole possibile può essere un valido aiuto. Pertanto i presenza di ingombranti rami può risultare indispensabile l’utilizzo di macchinari, tipo un biotrituratore , che li riduce in brevissimo tempo in ottimo ammendante per il terreno.

In base al grado di maturazione del compost, lo stesso può essere impiegato in modo differente. Dopo 3-6 mesi, quindi quando non è troppo maturo (addirittura il materiale di origine è ancora parzialmente riconoscibile), il compost può essere utilizzato come sostituto del letame, e come miglioratore della struttura del terreno, rendendolo più soffice ed areato. Con una maturazione avanzata, dai 6 agli 8 mesi, il compost ha un aspetto molto simile al terriccio e infatti può essere utilizzato come substrato per semina o trapianto. Superati gli 8 mes , il compost deve essere rimosso dalla compostiera per fermare il processo di decomposizione che altrimenti rende il compost privo di ogni valore fertilizzante.

In molti comuni d’Italia, dimostrando di aver iniziato il compostaggio domestico in maniera continuativa, è possibile ottenere una riduzione sulla TARI. La percentuale della riduzione e la modulistica varia da comune a comune.

Compostare permette dunque di risolvere un bel po’ di problematiche ed inconvenienti legati ai rifiuti.

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