Macerato di ortica : antiparassitario e fertilizzante

antiparassitario e fertilizzante naturale ottenuto dalla macerazione dell'ortica
Antiparassitario e fertilizzante naturale ottenuto dalla macerazione dell’ortica

In primavera nei giardini/orti abbondano quasi in egual misura le ortiche e parassiti!
Il modo ideale per risolvere due problemi in un colpo solo è preparare il macerato di ortica che, oltre ad essere un forte repellente, arricchisce anche il terreno di ferro, calcio, magnesio, potassio, zolfo, silicio..ecc..rinvigorendo le piante trattate.


Le regole base per il macerato ( in realtà per tutti i macerati ) sono:
utilizzare acqua piovana o di fonte, in quanto priva di cloro e non calcarea. In alternativa, utilizzare acqua di rubinetto preparata la sera prima per dare modo al cloro di evaporare. Se è molto calcarea, bisogna aggiungere un cucchiaino di aceto di vino o di sidro per ogni litro di acqua.
– è preferibile tritare l’ortica per facilitare la liberazione dei principi attivi.
– utilizzare recipienti di vetro, plastica o legno, evitando il metallo. Si consiglia vivamente di utilizzare recipienti dotati di coperchio, perché il macerato ha un odore molto forte.
– le temperature al di sopra dei 30° C riducono i tempi di macerazione. L’ideale sarebbe preparare il macerato intorno ai 20°, senza mai scendere sotto ai 10°, in quanto il processo s’interrompe completamente.
– il macerato, dopo essere stato filtrato, deve necessariamente essere diluito, altrimenti potrebbe addirittura funzionare da diserbante.

Preparazione:

Inserire in un recipiente 900 grammi di ortica ogni 10 litri di acqua e lasciare macerare per 5 giorni ( in estate ne bastano anche 2 ).
Il composto, proprio per effetto della macerazione e della fermentazione, mostrerà in superficie una schiuma e un odore molto cattivo.
Filtrare e diluire ( diluizione al 20%, ovvero ogni 2 litri di macerato, aggiungere 10 litri di acqua ).

Il macerato non si conserva al lungo, dopo qualche giorno perde di efficienza.

Utilizzo:

Dopo la diluizione, il macerato di ortica è pronto per essere spruzzato direttamente sulla pianta come antiparassitario o utilizzato come fertilizzante, irrigando ogni 15 giorni.

Se introdotto nella compostiera, il macerato di ortica risulta essere anche un ottimo accelerante biologico nel processo di decomposizione.

Per la preparazione di altri macerati e consigli utili per un orto sano e rigoglioso consigliamo il libro : “Fertilizzanti e trattamenti naturali”

 

Diserbante naturale: acqua e sale!

Le erbe infestanti rappresentano una vera spina nel fianco per chi si prende cura di un piccolo orto o di un giardino. Molte erbe spontanee sono utili ed anche edibili, ma non sempre.

Come già detto anche nel post sul risparmio idrico, la pacciamatura può essere un’ottima soluzione: isolare lo strato superficiale del terreno con materiale organico, tipo corteccia, sfalcio d’erba, o materiale inorganico minerale, come ghiaia o rocce laviche, impedisce alle infestanti di crescere a dismisura tra le piante coltivate. [Leggi anche “La pacciamatura“]

In un precedente post abbiamo anche affrontato il tema specifico delle infestanti, spiegando che ancora una volta la prevenzione è più importante del rimedio: dunque è fondamentale eliminare le piante infestanti prima che riescano a propagare i propri semi [Leggi anche “Il controllo delle infestanti” ]

Dopo queste doverose premesse, in aggiunta o alternativa alle strategie sopra elencate, si può utilizzare un diserbante completamente naturale e innocuo per l’ambiente e le persone composto da acqua e sale marino.

E’ sufficiente far sciogliere 80 g di sale ogni 4 litri d’acqua (dosaggio per 1 metro quadrato ) e versare la soluzione sul terreno umido: avrete un diserbante efficace, ma naturale. Ricordate che per un anno non potrete seminare nulla nella zona irrorata. 

Il sale può essere usato anche in purezza direttamente sul terreno umido alla base di piante particolarmente ostinate come il convolvolo che, pur avendo dei fiorellini molto graziosi, tende a soffocare come un cobra tutto ciò che incontra. Anche gli elateridi del frumento (insetti dannosi) non amano il sale marino, che può essere sparso sul terreno in ragione di 200 g /ara, senza tuttavia superare il dosaggio per non rischiare un diserbo totale.

Potrebbe interessarti anche:

Libro ” Fertilizzanti e trattamenti naturali “ di Victor Renaud

 

Coltivazione delle zucchine: consigli e rimedi alle malattie più comuni


Le zucchine, con i suoi frutti così versatili in cucina, sono probabilmente gli ortaggi più coltivati anche da principianti o coltivatori “da balcone”: non hanno particolari esigenze, sono facili da coltivare ed una sola pianta può produrre fino a 7 Kg di zucchine.

Consigli pratici sulla coltivazione delle zucchine:

Come dicevamo, la zucchine ha poche esigenze, ma fondamentali. Necessitano di una buona esposizione alla luce, come del resto tutte le cucurbitacee. Inoltre hanno bisogno di un terreno ben drenato e fertile. Infatti nell’ottica delle consociazioni, si consiglia proprio di collocare le zucchine in prossimità di leguminose, così da sfruttare la disponibilità di azoto (uno degli elementi della fertilità) resa utilizzabile dai batteri azotofissatori presenti nelle radici di queste ultime.

Per le zucchine anche la disponibilità di acqua è fondamentale (le zucchine, con le loro 20 Kcal per 100 grammi, sono costituite per quasi il 90% da acqua), tuttavia si devono evitare ristagni ed eccessiva umidità, soprattutto sulle foglie per evitare la formazione di un fungo dalla tipica colorazione biancastra chiamato oidio.

Malattie più frequenti delle zucchine.

Le zucchine mal sopportano gli eccessi di acqua e gli sbalzi idrici che sono la causa di quelle macchie bianche che si formano sulle foglie e talvolta anche sui frutti. Queste macchie, come accennato in precedenza, sono un fungo chiamato oidio o anche “mal bianco” e si forma proprio a causa di un’abbondante presenza di umidità. E’ più semplice prevenire l’oidio che curarlo, evitando appunto i ristagni di acqua e ricordandosi di non bagnare mai la pianta, ma solo il terreno. Può essere d’aiuto anche la rotazione delle colture, ovvero mai coltivare la stessa varietà per più anni di fila nello stesso posto, piuttosto alternarle per evitare che la stessa malattia colpisca la stessa varietà. Un altro rimedio per prevenire l’oidio è estirpare la pianta dopo il terzo mese, quando ormai la produzione di zucchine è in fase calante (e la pianta statisticamente è più soggetta ad ammalarsi) e sostituirla con una pianta più giovane.

Nel caso proprio si voglia o si debba curare una pianta soggetta ad oidio, in agricoltura biologica è concesso lo zolfo, tuttavia, considerata la fitotossicità del prodotto intorno ai 32° C, se si è in piena estate, tanto vale sradicare la pianta malata.

In rete è possibile trovare anche rimedi più o meno discutibili sull’uso del latte come possibile cura. In teoria alterando il pH (il latte ha un pH acido), il fungo dovrebbe morire e la presenza di acido lattico dovrebbe rendere la pianta non più adatta ad ospitare qualsiasi microorganismo. Tuttavia la reale efficacia non è mai stata dimostrata.

Cause della mancata fruttificazione delle zucchine.

Quando le zucchine sulla pianta smettono di crescere e cominciano ad ingiallire e cadono, le possibili cause sono diverse. La più frequente è proprio l’oidio.

Tuttavia non si esclude anche una mancata impollinazione dei fiori femmina (il cuoi ovaio si trasformerà in zucchina) da parte dei fiori maschi (per intenderci,  quelli che si mangiano). La causa può essere proprio di carenza di fiori maschi (non bisogna mangiarseli tutti!) o di impollinatori. Soprattutto per chi vive in città, è sempre più frequente che gli insetti pronubi, ovvero gli impollinatori, scarseggino. In questo caso bisogna impollinare manualmente le zucchine, prendendo un fiore maschio e strofinandolo sui fiori femmina.

Altre avversità tipiche delle zucchine

Meno frequente, ma altrettanto probabile è l’attacco di afidi, piccoli insetti neri spesso accompagnati da formiche che non parassitano la pianta, ma proteggono i reali parassiti, in cambio di melata, una sostanza zuccherina prodotta dagli afidi e che scatena la prolificazione di altre malattie fungine. In questo caso è preferibile utilizzare il sapone molle, ammesso in agricoltura biologica, che scioglierà letteralmente l’esoscheletro degli afidi, lavando via anche la melata e prevenendo le malattie fungine.

 

Guida agli innesti e all’uso dell’innestatrice 3 T ( tipologie di taglio )

L’ innesto è una pratica agronomica che ha moltissimi vantaggi, quali la sostituzione di cultivar senza la necessità di espiantare un albero riducendo i tempi di attesa, rendere la parte innestata più resistente a virus o malattie grazie alle peculiarità del portainnesto, riprodurre cultivar che difficilmente riescono in altro modo.

Innestare è un’arte, ma studiando i meccanismi, le tecniche e, perché no, anche la struttura dell’albero aiuta ad aumentare le possibilità di successo.

Affinché si verifichi una buona saldatura tra marza e portainnesto è necessario il rispetto di alcune regole generali.

AFFINITÀ

Proprio come l’unione tra due persone, anche l’innesto sull’affinità tra le componenti. L’ affinità é l’insieme delle condizioni che danno origine ad un unione (innesto) durevole. La mancanza di queste caratteristiche da origine alla disaffinità. Le cause della disaffinità sono diverse, tra quelle più importanti ne ricordiamo due: la distanza botanica e la presenza di virus i quali interferiscono sul grado di affinità dei bionti. Per praticare un innesto infatti occorre che i due individui interessati, di cui uno fornisceil soggetto sul quale fare l’innesto e l’altro il nesto stesso, siano il più “vicini” possibile dal punto di vista botanico. É più facile perciò che un innesto riesca se si opera nell’ambito della stessa specie. Più improbabile, ma ancora relativamente facile, se si lavora con individui dello stesso genere. Per concludere, ricordiamo il problema della reciprocità. Spesso si commette l’errore di credere che, essendo possibile innestare il melo su un pero, sia altrettanto possibile innestare il pero su un melo. Questo invece non é possibile in quanto pur essendo botanicamente molto vicini sono tra essi disaffini. É meglio quindi attenersi sempre ai portinnesti consigliati per non incorrere in spiacevoli sorprese.

EPOCA

Il periodo degli innesti va da Febbraio a Settembre, ma nelle regioni più calde in Ottobre è ancora possibile innestare. Per l’operazione di innesto bisogna quindi tenere conto delle condizioni climatiche, in particolare della temperatura e delle precipitazioni. Gli innesti autunnali, effettuati appena prima del periodo di riposo invernale, realizzeranno le condizioni di attecchimento solo nella primavera successiva in corrispondenza della ripresa vegetativa. La maggior parte degli innesti si esegue alla fine dell’inverno e alla fine dell’estate, momenti in cui la temperatura non é più tanto fredda o tanto calda e l’attività vegetativa delle piante non é più così intensa.

POLARITÀ

E’ importante mantenere sempre il normale senso di orientamento alla crescita delle parti utilizzate per l’innesto. Questo perchè ogni pianta, come ogni sua parte , ha bisogno di essere sempre orientata nel proprio senso naturale di crescita e di flusso dei liquidi vitali, ovvero quello in cui si trovava prima di essere tagliata. In parole povere, una marza innestata a “testa in giù” non attecchisce.

SALDATURA

Il cambio (vedi illustrazione sezione del fusto), all’interno delle parti legnose, è una corona circolare “generatrice”, poichè contiene cellule vegetali in costante e frenetica attività che producono continuamente i due strati di tessuti che la racchiudono. Affinché si verifichi una completa saldatura dell’innesto, è necessario che le zone cambiali dei simbionti si tocchino e restino a contatto fra loro almeno in un punto. Infatti sono proprio le zone generatrici a produrre cellule capaci di fare attecchire marza e soggetto, quindi più sarà vasta l’area cambiale di contatto, maggiore saranno le possibilità che l’innesto avvenga. Da qui si comprende che, proprio per aiutare la saldatura, si devono praticare tagli netti, con strumenti ben affilati, e che non lascino increspature sulle aree di contatto. 
Inoltre una maggiore aderenza tra le due zone di contatto riduce le infiltrazioni di muffe e parassiti. In commercio infatti esistono delle pinze, chiamate innestatrici, che permettono di preparare le marze e creare un taglio ad incastro speculare sul portainnesto per render l’adesione totale.

Si possono eseguire innesti fino a temperature intorno ai 30-32°C, al di sopra dei quali l’eccessivo calore impedisce una saldatura efficace e completa. A partire da una temperatura dell’aria intorno ai 18°C costanti si ha un attecchimento di tutti i tipi di innesto.

Se la temperatura é troppo alta, conviene proteggere dal sole circondando il punto di innesto con carta bianca. Al contrario, quando la temperatura é bassa conviene circondare gli innesti con materiali (tipo polietilene nero) che mantengono l’umidità e consentono l’innalzamento della temperatura.

MATERIALI

Occorre fare molta attenzione nella scelta del materiale per la legatura. Esistono in commercio nastri adesivi, nastri in fibra sintetica, fili cavi in gomma e rafia naturale che hanno la caratteristica di tenere bene unite le parti innestate ma consentono il passaggio dell’aria e dell’umidità ambientale.

CRITERI PER LA SCELTA DEL PORTINNESTO E DELLA MARZA

Scegliendo il portinnesto si deve ricordare che il requisito più importante che deve avere é l’affinità (vedi sopra) con la marza, in modo da avere più possibilità di attecchimento. Inoltre bisogna considerare la sua adattabilità al terreno e al clima e, quando é possibile, scegliere soggetti resistenti ai parassiti.Per la scelta della marza ci si deve preoccupare dello stato sanitario della pianta madre. I migliori rami per il prelievo delle marze sono quelli ben esposti alla luce, formati da tessuti ben maturi, evitando quelli troppo esili o troppo vigorosi.

TECNICA DI INNESTO

I tipi di innesto si possono suddividere in due grandi categorie: innesto a gemma ed innesto a marza.

Tra gli innesti a gemma sono compresi gli innesti a occhio, a scudo, a pezza, a zufolo, ciò tutti quegli innesti in cui l’oggetto é costituito da una gemma unita ad una parte di corteccia.

L’innesto a marza, che viene praticato soprattutto all’inizio della ripresa vegetativa, è molto più usato dell’innesto a gemma il quale è particolarmente complicato da eseguire.

Nell’innesto a marza il nesto (chiamato anche marza o calma) é costituito da una porzione di ramo lungo 10-12 cm provvisto di 2-3 gemme; per comodità possiamo dire che la marza é costituita da un “corpo” (cioè da un tratto di ramo provvisto delle gemme) e da una “coda” (parte terminale) diversamente incisa a seconda del tipo di innesto.

L’epoca di esecuzione degli innesti a marza va dalla seconda metà dell’inverno fino all’inizio della primavera.

Gli innesti a marza che si possono fare con la nostra INNESTATRICE MANUALE sono di due tipo:

Innesto a “V” o incastro e Omega.

Per questi innesti il materiale che costituisce il nesto deve essere a riposo vegetativo , nel senso che le sue gemme non devono avere iniziato a rigonfiarsi. Occorre pertanto staccare dalla pianta madre in pieno inverno ( tra Dicembre e Gennaio ) il ramo o i rami destinati a fornire le marze e conservarli in un locale freddo e al buio (meglio in frigorifero a 0-1°C) ben chiusi in un sacchetto di plastica.

Vediamo ora, in dettaglio, due i tipi di innesto a marza eseguibili con l’ INNESTATRICE MANUALE.

 

INNESTO A “V” o INCASTRO

L’innesto a “V” é tra i più antichi ed ancora oggi molto usati. Può essere praticato durante tutto il periodo di riposo vegetativo delle piante ma i risultati migliori si ottengono eseguendo l’innesto all’inizio del riposo (ottobre-novembre) o, meglio ancora prima della fase di ripresa primaverile (febbraio). In questo modo si supera il pericolo del freddo invernale che limita notevolmente le possibilità di attecchimento.

INNESTO A OMEGA

L’innesto a Omega é particolarmente usato nella vite e nelle rose , piante le quali una volta recise hanno una notevole fuori uscita di linfa. Per favorire l’attecchimento dei cambio si procede con l’innesto a Omega, il quale crea grazie al taglio a forma di occhiello, regola l’afflusso della linfa e consente una rapida cicatrizzazione.

Questo tipo di innesto é particolarmente consigliato all’inizio del riposo vegetativo delle piante (ottobre-novembre) ma lo si può praticare anche nella fase di ripresa primaverile (febbraio).

In sintesi, riportiamo nella seguente tabella le varietà e i rispettivi periodi ottimale e tipologia di innesto .

 

Come si pianta un albero da frutto

La coltivazione di una pianta da frutto inizia quando si pianta l’albero nel terreno. Il trapianto è un momento delicato, perché la giovane piantina deve abituarsi all’ambiente nuovo e radicarsi in modo da poter crescere stabile e forte. Per questo sono necessarie alcune accortezze che possiamo vedere insieme.

Prima di tutto bisogna scegliere il periodo giusto per l’impianto, ma questo dipende dal tipo di albero scelto, oltre che dal clima in cui si trova il terreno. Molte piante durante l’inverno sono in riposo vegetativo e si può approfittarne per piantarle tra novembre e febbraio. E’ il caso di melo, pero, pesco, albicocco, susino, ciliegio e tante altre tra le principali specie fruttifere.

Molto importante è anche la scelta del luogo: il terreno giusto deve avere una buona esposizione al sole, un discreto riparo dal vento e non formare ristagni d’acqua. Chi vuole essere più puntiglioso può decidere di far analizzare il suolo in laboratorio per conoscerne le caratteristiche fisiche e chimiche, in modo da sapersi regolare nella concimazione. Chi invece vuole mettere un albero da frutto in giardino per hobby può anche farne a meno e sperimentare direttamente.

Una volta deciso dove e quando piantare si procede con il lavoro vero e proprio: ossia lo scavo della buca. Per consentire all’alberello di radicare facilmente è opportuno scavare per almeno mezzo metro di profondità, tenendo una misura analoga anche come diametro del buco. Se il terreno è argilloso e tende a compattarsi si può aumentare la misura dello scavo.

Effettuata la buca si mette nel terreno la pianta sopra un letto di terra smossa, e si procede riempiendo lo scavo con la terra precedentemente rimossa. Negli ultimi 20 centimetri di profondità possiamo incorporare del concime organico (ad esempio letame maturo oppure compost). Mentre si riempie si eliminano pietre e radici, immettendo solo terra pulita.

Riempita la buca si compatta il terriccio premendolo coi piedi e verificando che l’albero sia ben dritto, poi si innaffia. Le irrigazioni vanno somministrate con costanza per il primo mese, crescendo la pianta andrà a radicarsi in profondità e diventerà più autonoma nel reperire le proprie risorse.

Adesso che la pianta è a dimora nel nostro terreno bisognerà coltivarla, alcuni utili consigli su come farlo si possono trovare su Frutteto Biologico.  Bisogna sottolineare l’importanza di una coltivazione con metodi naturali, che permetta di raccogliere frutti sani e che sia sostenibile per l’ambiente.

Post scritto da Matteo Emilio Cereda di Fruttetobiologico.it

Come curare il prato: dalla semina al taglio, alla manutenzione stagionale

Sfatiamo da subito un mito: l’erba del vicino non è sempre più verde, ma solo più curata!

Un prato verde ed uniforme richiede cure costanti in tutte le stagioni dell’anno, non solo in primavera quando si comincia a vivere di più gli spazi all’aperto e ci si rende conto delle imperfezioni, quali erba ingiallita, poco brillante, con chiazze di vegetazione secca e troppo compatta.

In realtà già dalla semina o dall’istallazione di zolle o rotoli, bisognerebbe scegliere la varietà adatta in base all’esposizione al sole, al clima (temperature e piovosità) e all’uso del prato (se sarà molto calpestato o meno), e, da non sottovalutare, anche alla frequenza di taglio che richiedono.

In linea di massima i semi più utilizzati sono la FESTUCA che si adatta bene ai terreni aridi, con crescita lenta, dunque una bassa manutenzione; l’AGROSTIDE, anch’essa con crescita lenta e manto fitto e compatto, caratteristica che le conferisce un’altissima resistenza al calpestio; il LOIETTO, invece, ha una crescita molto veloce, si adatta a chi ha fretta di vedere il proprio prato subito verdissimo, tuttavia richiede tagli frequenti. E’ resistente al calpestio.

Per risultati ottimali, si predilige utilizzare miscele di più varietà per sfruttare i vari punti di forza di ciascuna componente.

La semina avviene in primavera o in autunno, quando le temperature sono costanti: la temperatura ottimale è di 20° C. Prima di procedere però alla semina è fondamentale livellare eventuali avvallamenti o piccole gobbe del terreno. Il livellamento del terreno non è solo una necessità estetica, ma risulterà utile per un risultato omogeneo del prato. In caso di avvallamenti l’acqua ristagna in maniera differente e la crescita e la compattezza dell’erba sarà maggiore rispetto ad altre zone. Anche durante il taglio, eventuali sporgenze o rientranze del prato rischiano di compromettere l’uniformità, fino addirittura a poter danneggiare le lame del tagliaerba. Per lo stesso motivo è necessario anche ripulire il terriccio da sassi o altri detriti. La superficie deve essere compatta e omogenea.

Dopo aver scelto la varietà di semi più adatta e livellato il terreno, si può finalmente seminare: la semina avviene a spaglio, ovvero si getta in modo casuale, ma mantenendo una distribuzione uguale su tutta la superficie. Le irrigazioni devono essere costanti, senza ristagni: il terriccio nelle prime settimane deve mantenersi sempre umido. Dopo circa 5-10 giorni l’erba comincerà a spuntare. Il primo taglio può essere fatto solo dopo circa 4 settimane, ma le tempistiche dipendono molto anche dalla varietà scelta.

Dopo il primo taglio, le irrigazioni vanno diradate, per essere sospese quasi completamente in inverno.

A che altezza tagliare il prato? 

Praticamente tutti i tagliaerba hanno la possibilità di regolare l’altezza di taglio dell’erba. In linea di massima l’altezza ottimale per avere un prato compatto è 2-4 cm, sebbene questo comporti una frequenza maggiore dei tagli. In base alla stagione è preferibile scegliere altezze diverse. In estate e in tardo autunno, prima della sospensione dei tagli (in inverno il prato entra in riposo vegetativo, quindi cresce pochissimo), è preferibile aumentare di qualche centimetro l’altezza per proteggere il prato dal caldo e dal freddo.

Dopo l’estate, già a partire da Settembre, è possibile riabbassare l’altezza del taglio a 2-4 cm, almeno fino a Novembre, dopo bisogna rialzarla.

A Settembre è fondamentale arieggiare il prato nelle zone in cui il caldo e il sole forte ha fatto danni: bisogna rimuovere il “feltro”, ovvero il prato secco e compattato ed eventualmente riseminare se la situazione è particolarmente grave.

Dunque in primavera si semina, si falcia e s’irriga il prato, in estate s’irriga e si taglia con lama alta, in autunno si risemina, si procede con la sfeltratura e l’arieggiatura… e in inverno?

In inverno, dicevamo, il prato rallenta molto la crescita, pertanto non ha particolari esigenze: i tagli e le irrigazioni praticamente si sospendono. Tuttavia continua a fare la fotosintesi e per farlo ha bisogno di luce. Dunque è fondamentale rimuovere il fogliame secco che coprendo il prato, impedisce alla luce di filtrare. In questo modo si previene anche la causa dell’ingiallimento del prato.

Bisogna concimare il prato?

Il prato è un insieme di erbe spontanee addomesticate: se somministrate concime chiaramente crescerà più rigoglioso, ma non è così indispensabile.

 

 

Semine di Settembre


Il primo settembre puntualmente ogni anno sembra cancellare il caldo afoso dei precedenti mesi, catapultandoci in poche ore in un’altra stagione: l’aria si fa fresca e frizzante, le ore di sole gradualmente si riducono, i colori verdi brillanti del fogliame in giardino vengono sostituiti da altre sfumature più autunnali. Siamo ufficialmente entrati nell’autunno meteorologico.

In questo mese si raccolgono ancora molti degli ortaggi estivi, sebbene siano quasi al termine del loro ciclo vitale e dunque la qualità è leggermente inferiore. Si inizia a preparare l’orto per le semine autunnali-invernali.

In fase di luna crescente, a dimora, all’aperto, si semina prezzemolo, ravanello. In zone ben illuminate, calendula, convolvolo, papavero, alisso marittimo e altre varietà di fiori rustici annuali. Per chi ha subito danni al prato durante l’estate, è preferibile rinfoltirlo proprio in questo periodo del mese con nuove semine e areandolo. A tal proposito suggeriamo anche il post dedicato al la cura del prato, stagione per stagione“Come curare il prato: dalla semina al taglio, alla manutenzione stagionale”.

Si trapiantano finocchio, cavolo, bietole, indivia e lattughe. Via libera anche al trapianto dei bulbi primaverili.

In questa fase del mese è possibile anche preparare le talee di rose, di sempreverdi o specie a foglia caduca. A tal proposito, potrebbe interessarti anche l’articolo Ormoni radicanti naturali.

In fase di luna calante, in semenzaio all’aperto, si semina la cipolla bianca. A dimora all’aperto, lattughe da taglio, radicchio, spinacio, valerianella. E’ possibile trapiantare all’aperto il porro.

LAVORI: Rincalzare il finocchio, sedano, il porro per farlo imbianchire insieme anche a scarola, radicchio e indivia.

In questo mese le temperature permettono la preparazione di nuovi cumuli di compost o l’allestimento di una nuova compostiera. (Leggi anche Compostaggio: come si prepara e quali sono i vantaggi del compost )

E’ possibile potare i rami di rose esauriti e spuntatura di rami secchi degli arbusti e alberi.

Riprendono gli innesti di rosacee (pruno, pesco, pero, albicocco, ciliegio..ecc..) a gemma o a scudetto. (Leggi anche Guida agli innesti e all’uso dell’innestatrice 3 T (tipologie di taglio))

 

 

Il pH e l’influenza sulla fertilità del terreno


Abbiamo parlato più volte nei precedenti post del pH del terreno, accennando sommariamente all’influenza su altri parametri come la fertilità o addirittura sulla colorazione dei fiori dell’ortensia.

Senza scendere troppo nel dettaglio tecnico-chimico del pH, diciamo che è una scala con valori dallo 0 al 14 che esprimono l’acidità o la basicità (alcalinità) di un ambiente. Una pubblicità di un noto detergente di qualche anno fa “martellava” sull’importanza di mantenere inalterato il pH della nostra pelle che è leggermente acido, con un valore generalmente intorno al 5.5. Infatti tutti i valori inferiori al 7 sono acidi, quelli superiori sono basici, mentre un pH uguale a 7 è detto neutro.

Per fare qualche esempio, l’acqua distillata (dunque pura) ha un pH neutro (=7), il limone è circa 2.4, dunque molto acido (più il valore si allontana dal 7, ovvero diminuisce, più è acido), invece l’albume d’uovo è molto basico (pH intorno a 9: più il valore si allontana dal 7, in questo caso aumentando, più il pH è basico.)

Fatta questa doverosa premessa, vediamo nel dettaglio in che modo il pH del terreno influisce sulla fertilità.

In un precedente post ( Elementi della fertilità del terreno e sintomi in caso di carenze ) abbiamo visto come la presenza o l’assenza di azoto, potassio, fosforo, calcio, magnesio, zolfo, più altri micro elementi come rame, zinco, boro e manganese, appunto detti elementi della fertilità, incidono sui regolari cicli di crescita delle piante. L’assorbimento di tali elementi può essere inibita sia dall’eccedenza di uno di essi a discapito di un altro (come abbiamo visto, infatti, il calcio in eccesso inibisce il potassio che, a sua volta, è antagonista del magnesio, diminuendone l’assorbimento in caso di sovradosaggio.

Un altro fattore che inibisce l’assorbimento di alcuni elementi è il pH del terreno. Addirittura ogni elemento reagisce diversamente in presenza di valori di pH diversi.

Ad esempio in presenza di un pH del terreno che varia da 6 a 8, l’azoto ha un assorbimento ottimale, mentre il fosforo viene assorbito meglio dalle piante quando il terreno ha un pH tra il 6.5 e il 7.5 o tra il 9 e il 10. Allo stesso modo il potassio ha per così dire due preferenze, una nell’intervallo 6-7.2 e l’altra 8.7-10.

L’unico elemento con uno spettro di assorbimento maggiore è lo zolfo, che mostra un livello di assorbimento ottimale in presenza di un pH del terreno da 6 a 10. Poi per il resto, manganese, rame e boro hanno un atteggiamento molto simile, con un assorbimento ottimale tra un pH 5, fino a 7.

Si deduce, pertanto, che definire una pianta “acidofila” semplicemente come amante di terreni acidi è un po’ riduttivo, in quanto in realtà ciascuna pianta predilige un pH differente proprio in base alle differenti esigenze di elementi nutritivi di cui necessita.

Come si può modificare il pH del terreno in modo naturale?

Ci sono tanti metodi per modificare il pH del terreno. Sicuramente ricorrere a prodotti chimici è la via più breve, ma non la più ecologica. Un metodo più lento, ma del tutto naturale è l’uso della pacciamatura: utilizzando aghi di pino o torba, infatti, il pH del terreno tende ad aumentare di acidità. Anche l’impiego del caffè (sia l’infuso che la polvere usata) può contribuire a ridurre il pH, dunque a renderlo acido. Viceversa, se si vuole rendere il terreno più basico, occorre aggiungere cenere di legna che, oltre ad abbassare il pH, è anche un eccellente concime organico grazie all’elevata presenza di calcio, potassio, fosforo e magnesio.

Come misurare il pH del terreno?

Oltre alle classiche cartine tornasole, in commercio ci sono dei piccoli misuratori, a volte dotati anche di altre funzioni, come la misurazione di luce ed umidità, che grazie all’inserimento delle sonde nel terreno riescono in breve tempo a fornire valori precisi.

Curiosità: Anche le piante spontanee hanno delle preferenze verso un pH del terreno piuttosto di un altro. Ad esempio le spontanee che indicano un terreno acido sono la camomilla, la margherita, il ranuncolo e il giavone.
Invece, le piante che indicano un terreno alcalino sono l’avena selvatica, il papavero, la lingua di cane e il tarassaco . Bisogna considerare che l’abbondante presenza di tutte le specie indica un pH più o meno neutro (intorno a 7). Invece, la distinzione tra terreno acido e alcalino può essere fatta osservando se ci sono piante che crescono in una quantità non esclusiva, ma tuttavia prevalente.

Considerazione: La pratica di fertilizzazione, sia che si scelgano prodotti chimici o organici/biologici, è molto più complessa di quanto si possa immaginare, perché, come abbiamo visto, i fattori e gli equilibri che determinano la fertilità sono tanti e delicati. Pertanto è opportuno sempre seguire con attenzione i dosaggi indicati e le frequenze suggerite.

 

 

 

Semine e lavori di Agosto

Agosto è una domenica lunga 31 giorni.

Le attività principali nell’orto del mese di Agosto sono l’irrigazione e la raccolta , con annesse conserve per non sprecare nulla e poter godere dei frutti del lavoro primaverile ed estivo anche nelle stagioni meno ricche e abbondanti, come delle operose formichine.

Considerata la problematica dell’emergenza siccità che affligge tutta Italia con conseguenze molto gravi sull’agricoltura e non solo, consigliamo anche la lettura di 10 semplici regole per risparmiare acqua in giardino.

Ricordiamo sempre che le irrigazioni devono essere costanti: irrigazioni sporadiche ed abbondanti per compensare sono spesso la causa di problematiche come il marciume apicale o le crepe del pomodoro . Viceversa, irrigazioni troppo abbondanti e frequenti causano marcescenze. Dunque “in medio stat virtus”, bisogna trovare un equilibrio.

Restando in tema di “conservazione” e lungimiranza, è questo il momento migliore per selezionare e conservare i semi delle varietà antiche ( ne abbiamo già parlato anche in Come autoprodurre i propri semi ) perché si presuppone che in questo mese i frutti siano al culmine della maturazione.

Cosa seminare in Agosto :

In fase di luna crescente, a dimora all’aperto, prezzemolo, ravanello e verdure da taglio ( spinacio , lattughe, indivia..ecc..). Si trapiantano all’aperto cavolo cappuccio autunnale-invernale precoce, cicoria, porro, scarola, cavoli.

In fase calante in semenzaio all’aperto cipolla bianca e finocchio autunnale.

 

 

 

Semine e lavori di Luglio

Luglio miete il grano biondo,
la mano stanca, il cuore giocondo.
Canta il cuculo tra le foglie
– Gianni Rodari –

Le semine non vanno in ferie e chi si prende cura di un orto o un giardino non si riposa mai.

E’ ancora periodo di seminare qualche varietà estiva che andrà a sostituire piante ormai esauste, per avere in questo modo la possibilità di prolungare fino ad inizio autunno il raccolto.

In fase crescente si seminano direttamente all’aperto fagiolo, fagiolino, zucchino, bietola a coste, ravanello, prezzemolo, ma anche fiori come primula, malva rosa, violacciocca. In questa periodo del mese è preferibile trapiantare sedano, cavoli, indivia, lattughe, scarola.

In fase calante si semina all’aperto cicoria, indivia, lattughe, porro, radicchio, direttamente a dimora finocchio e barbabietola.

Nel mese di Luglio è possibile, inoltre, innestare a gemma dormiente  le drupacee, come pesco, ciliegio, susino, ecc.. A proposito di innesti, potrebbe risultare utile la nostra guida agli innesti.

In caso di raccolti abbondanti si consiglia fin da subito di iniziare a preparare le conserve, in quanto in questo momento la qualità di frutta e verdura è superiore rispetto a quella di fine stagione.

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